(di Nicola Pirrone)
CARLO ALESSANDRO LANDINI,
'L'ORECCHIO DI PROTEO' (LIM, pp. 848 - 60 euro). Perché la
mattina ci ritroviamo a canticchiare una canzone che magari non
ci piace? Perché ci resta impressa una melodia dalle strane
forme? Sono meccanismi della psiche che prova a decifrare un
libro uscito da pochi giorni nelle librerie e negli store online
per la Libreria Musicale Italiana di Lucca, editore
specializzato nel campo della musicologia. Si tratta de
"L'orecchio di Proteo - Saggio di neuroestetica musicale" di
Carlo Alessandro Landini, compositore milanese che da alcuni
anni ha scelto come residenza la quiete della collina parmense.
Laureato in psicologia, insegnante di composizione in vari
Conservatori di musica e saggista, Landini nutre da tempo un
forte interesse per la cosiddetta musica "subliminale",
soprattutto dopo il suo soggiorno nel 2003 a New York dove ha
insegnato alla Columbia University e dove ha avuto l'opportunità
di conoscere alcuni tra i massimi specialisti in questo campo.
L'orecchio di Proteo, il primo "saggio di neuroestetica
musicale" interamente italiano, è un lavoro al quale l'autore ha
lavorato ininterrottamente dal 2010: ne è scaturito un volume in
formato A4 di circa 900 pagine e del peso di oltre due chili che
riassume lo stato dell'arte per ciò che riguarda "l'ambiguità,
le trappole cognitive, le strategie decisionali" che, in campo
musicale, interessano tanto la composizione che l'ascolto di
musica. Questo imponente lavoro va a completare un discorso
sullo studio delle reazioni psichiche al bello e al brutto della
musica cominciato con il saggio su Alberto Savinio (Lo sguardo
assente. Arte e autismo, Franco Angeli, 2009) e dopo quello sul
al rapporto fra musica e tempo, (Misura e dismisura, Musica
Practica, 2016).
Ne 'L'orecchio di Proteo' Landini prende in esame un ampio
arco temporale della musica, dal 1300 di Guillaume de Machault
ai giorni nostri di Lucio Dalla e Zucchero. Per mettere su
questa imponente mole di lavoro, l'autore ha tenuto una fitta
corrispondenza con ricercatori italiani e russi che attualmente
lavorano all'estero, citando quasi diecimila nomi. L'interesse e
la passione per la psicoacustica e la neurofisiologia della
percezione lo hanno portato a esaminare, tra gli altri, le
analogie che intercorrono tra l'ultimo periodo compositivo di
Robert Schumann, quello che precede l'esaurimento nervoso e il
successivo suicidio, e la sindrome di Parkinson.
"Sia il compositore di musica che l'ascoltatore della stessa
- spiega Landini - stabiliscono istante per istante che cosa
ascoltare e come ascoltarla. Il cosiddetto decision making non
si applica solo all'economia ma anche alla musica. Quando il
meccanismo decisionale si inceppa sorgono, come per incanto,
l'ambiguità del creare e quella del sentire. Da handicap,
l'ambiguità si candida a divenire, in taluni casi, una potente
arma di difesa che, esattamente come i beni-rifugio in economia,
è in grado di far superare all'artista le fluttuazioni imposte
al mercato dai trend effimeri del gusto e delle mode. La
neuroestetica musicale ci insegna ad apprezzare tutti i risvolti
dell'ambiguità che, un tempo spauracchio dei semiologi, si
presta ora a fungere come una preziosa risorsa per il mercato
musicale".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA