(di Anna Lisa Antonucci) Non c'è
niente da fare, la neve è fatata, magica, incantata ed evoca
l'infanzia, il sogno, la pace, il silenzio. E mentre infuriano
le polemiche sul prossimo Natale senza sci, esce un libro che
pacifica con il manto bianco, poetico e al tempo stesso pieno di
informazioni scientifiche. Daniele Zovi, dopo 'Il fantastico
viaggio degli alberi', pubblica sempre con Utet 'Autobiografia
della neve' il cui incipit è:''Io sono stato fortunato, ho visto
tanta neve''. L'autore, laureato in Scienze Forestali e per
quaranta anni al servizio del Corpo Forestale dello Stato, non
si definisce ''un sentimentale'' anzi una persona molto
concreta, eppure ha scritto un libro che in ogni pagina esprime
amore e nostalgia per la neve. Zovi inizia raccontando il
miracolo del formarsi del cristallo di neve che comincia da una
nuvola e, a seconda del percorso che compie, assume una forma
che non sarà mai uguale a quella di nessun altro cristallo. Una
meraviglia della natura che l'uomo non può ricreare, tanto che
la neve artificiale sparata dai cannoni sulle piste da sci non
contiene cristalli. Cristalli che, nell'attimo in cui riusciamo
a vederli, ci mostrano la loro enorme bellezza ma che sono anche
la causa del silenzio della neve. La neve crea silenzio e non è
solo un'impressione, ''c'è infatti una spiegazione scientifica a
questa sospensione creata dal manto nevoso'' dice Zovi.''I
cristalli nel legarsi tra loro a formare fiocchi - spiega -
catturano aria, la organizzano in spazi che assorbono il suono e
impediscono alle onde sonore di rimbalzare'' ,dunque i rumori
nella neve risultano attutiti. ''Sono un montanaro - confessa
l'autore -e ho paura della retorica, ma sottovoce lo voglio
dire: la neve ha a che fare con la poesia più di ogni altro
fenomeno naturale e produce il più bello dei silenzi, il
silenzio che il cielo costruisce con pazienza e che la terra
accoglie con gratitudine''. Ma la neve e il fratello ghiaccio
sono anche il fragore delle valanghe e la furia devastante del
freddo. E dunque Zovi ci racconta come gli animali selvatici
riescano a sopravvivere agli inverni gelidi, quali strategie
adottano cinciallegre o fringuelli, uccelli di pochi grammi di
peso, per superare i periodi più freddi dell'anno. E se il
letargo è la strategia adottata da alcune specie di animali per
resistere alle basse temperature, anche alcune piante imboccano
questa strada, ognuna modificando il suo metabolismo in modo
diverso. E questo cambiamento inizia dalla fine di agosto,
spiega Zovi, quando le piante si accorgono che il numero di ore
di luce diminuisce. Un libro sulla neve non può non trattare
anche del grave problema dei cambiamenti climatici e l'autore lo
affronta analizzando l'aumento della temperatura e il
conseguente ritirarsi dei ghiacciai, ''qualcosa di più di un
campanello d'allarme'' dice. L'opera, corredata di splendide
foto di paesaggi innevati del fotografo Sergio Dalle Ave Kelly,
non può che concludersi con la citazione dei pittori che più di
altri hanno rappresentato la neve e i suoi colori, perché
secondo Zovi ''la neve è spesso screziata di rosa, qualche
volta di verde, più spesso di azzurro''. Dunque Monet con 'La
gazza', Munch con 'Notte d'inverno' e Kandinskij con 'Paesaggio
invernale', senza dimenticare i quadri dei due Bruegel, il
vecchio e il giovane, che hanno riprodotto con fedeltà quasi
fotografica la vita invernale nei villaggi fiamminghi.
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