L'emergenza sanitaria torna a
interrompere il cammino di "Parole in viaggio", l'iniziativa
organizzata da Marietti 1820 per celebrare i duecento anni della
casa editrice: sarà annullato l'appuntamento di martedì 3
novembre (ore 17) nella sala dello Stabat Mater della Biblioteca
dell'Archiginnasio di Bologna, affidato ad Alberto Bertoni,
professore ordinario di Letteratura italiana contemporanea e
Poesia del Novecento all'Università di Bologna e dedicato alla
parola Poesia. I testi poetici di Bertoni sono tradotti in
russo, inglese, francese, ceco, ungherese, romeno e spagnolo.
Con Marietti 1820 ha pubblicato Poesia italiana dal Novecento a
oggi (2019).
Le lezioni bolognesi avvengono in occasione della mostra
Marietti 1820-2020. Due secoli di libri da Torino a Bologna,
aperta fino al 29 novembre nel quadriloggiato superiore
dell'Archiginnasio per iniziativa della casa editrice in
collaborazione con la Biblioteca dell'Archiginnasio e la
Biblioteca dello Studentato delle missioni, il patrocinio
dell'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della
Regione Emilia-Romagna e il sostegno di Bper Banca,
Emmepromozione, Edimill, Tuna bites e Libreriecoop (da lunedì a
venerdì 9-19, sabato 9-18, domenica 10-14, ingresso libero,
informazioni sui siti www.mariettieditore.it/bicentenario e
www.archiginnasio.it).
Poesia
di Alberto Bertoni
Nel contesto storico-sociale di oggi, la poesia è più importante
leggerla che scriverla. Più importante ancora sarebbe imparare a
leggerla, impresa difficilissima perfino per gli addetti ai
lavori: infatti, se ognuno di noi conducesse un vero esame di
coscienza, si accorgerebbe che nella suddivisione attuale del
tempo quotidiano l'occasione per una lettura piena e
liturgicamente concentrata risulta sempre più ristretta e
difficile. La lettura infatti è spesso più ostacolata che
favorita dal contesto nel quale ci si trova anche
professionalmente ad agire: a maggior ragione se si svolge il
mestiere di insegnante.
Leggere davvero una poesia (meglio precisare: una grande poesia)
implica sempre un atto di riformulazione interiore e dunque di
rilettura: e sollecita l'affinamento di una dote specifica (da
applicare al linguaggio) di orecchio musicale e di competenza
espressiva, retorica, metrica. La poesia è infatti un atto
linguistico nel quale al significato referenziale degli
enunciati si somma tutta una serie di strategie espressive che
coinvolgono l'ordine delle parole, le strutture allitterative e
fonosimboliche, la dislocazione degli accenti lungo il filo del
discorso, gli effetti di parallelismo grafico e sonoro (rime,
assonanze, consonanze), la suddivisione metrica che - in tempi
di verso libero - tende a organizzarsi secondo un'accettabile
suddivisione del recitativo, la qualità spiazzante dei
cosiddetti tropi, che si danno quando il linguaggio sostituisce
i termini propri con termini che provengono da campi semantici
diversi rispetto a quelli che richiederebbe una logica
consequenziale: metalessi, metonimie, sineddochi, soprattutto
metafore.
L'effetto di queste energie aggiuntive rispetto al semplice
"contenuto" del testo poetico (e letterario in genere) e alla
sua organizzazione tematica hanno il fine di potenziare la parte
emotiva, suggestiva e infine immaginativa propria del messaggio
poetico. Lo dice già Leopardi, meglio di ogni altro, quando
nell'Infinito elenca una serie di percezioni sensoriali,
intessute di "spazi", "silenzi", "quiete", concludendo "io nel
pensier mi fingo": in questa formula, risiede l'essenza stessa
della compiuta ricezione poetica, affidata all'opera
ri-creatrice dell'immaginazione individuale, esperienza somma di
piacere, di condivisione e di trasformazione dell'emozione
sensoriale in conoscenza, per una congiunzione finalmente
compiuta di corpo e pensiero.
A questo punto poi, se uno affina il gusto e comincia a
impadronirsi di una propria facoltà originale nell'uso della
lingua di cui è parlante nativo e del codice poetico, allora
anche scrivere la poesia potrà diventare un ottimo esercizio
inventivo. L'importante è che chi si affida per questo fine e in
questa chiave alla propria scrittura personale, sia poi molto
prudente rispetto all'idea di voler subito pubblicarne gli esiti
concreti, di credere di essere subito un poeta, di presupporre
d'aver composto un testo capitale per la sopravvivenza
dell'umanità. Tutti noi, come ha affermato di recente il Premio
Nobel peruviano Mario Vargas Llosa, viviamo secondo la mentalità
e i meccanismi un po' pubblici un po' subliminali di una società
dello spettacolo, oggi espressa attraverso il proliferare
apparentemente gratuito dei social media, e tutti ambiamo in
primo luogo a soddisfare i nostri narcisismi, dando veste
pubblica alle percezioni e ai sentimenti più immediati. La
poesia vera, invece, non dà spazio ai narcisismi, è qualcosa che
lotta ontologicamente contro il narcisismo.
Ma non solo: la poesia vera ha sempre una mira più o meno
nascosta di conoscenza e di trascendenza, non è mai mera
emozione. Anzi, si potrebbe parafrasare Rilke, affermando che la
poesia è una colata d'amore che precipita a fecondare
quell'insieme di enigmi che coincide con la nostra interiorità
più autentica, se vogliamo più freudiana. Il leggere, in
particolare, è l'antidoto migliore che io conosco (e che ogni
giorno sperimento in dosi omeopatiche) contro narcisismo e
superficialità. Al punto che, caso mai diventassi ministro
dell'Istruzione, la mia riforma imporrebbe il ripristino di
tutte quelle tecniche necessarie per migliorare la lettura:
dettati, riassunti orali e scritti, parafrasi, poesie
(soprattutto novecentesche, va da sé: al bando gli arcaismi
inutili!) a memoria dalle elementari all'esame di maturità,
letture ad alta voce…
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