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Regeni, un libro, i genitori e la ricerca della verità

A 4 anni dalla morte, il punto su situazione e sviluppi

 Un libro in cerca della verità, un altro che invece ritiene che la verità si sappia ma che questo non trascinerà i responsabili in Tribunale. Giulio Regeni, quattro anni dopo la scomparsa (25 gennaio 2016), è ancora un caso-mistero ma intanto escono due libri: il primo scritto dai genitori Paola Deffendi e Claudio Regeni con il loro avvocato Alessandra Ballerini - "Giulio fa cose" (Feltrinelli, in libreria il 23 gennaio), il secondo da un navigato giornalista, Camillo Arcuri - "Ricatto di Stato" per la Castelvecchi (sempre il 23 gennaio), che aveva già pubblicato "Morire al Cairo" nello stesso 2016, scritto da Antonella Beccaria e Gigi Marcucci.
    I genitori dello studioso friulano - che appariranno in televisione domenica 19 gennaio alla trasmissione di Fabio Fazio 'Che tempo che fa' (in onda dalle 21 su Rai2) - nel volume ricostruiscono questi ultimi 4 anni della loro vita, un periodo di strenue battaglie per ottenere la verità e la giustizia sulla morte del figlio, una battaglia che riguarda tutti perché nel rapimento, nelle torture e nell'uccisione di Giulio Regeni la ragion di Stato sembra aver messo a tacere la giustizia. Paola e Claudio chiedono "una verità processuale" sulle torture, i depistaggi, i mandanti e gli esecutori, convinti che "su Giulio sono stati violati tutti i diritti umani, compreso il diritto di tutti noi ad avere verità". I genitori ritengono che nel silenzio della politica gli egiziani abbiano "ucciso cinque innocenti, inventato storie incredibili, falsificato documenti per allontanare i sospetti dai loro apparati" ma la Procura di Roma ha tuttavia individuato e messo sotto inchiesta 5 funzionari della Nsa, i servizi segreti del Cairo. Però, i genitori hanno dalla loro parte la cosiddetta 'onda gialla' che ha letteralmente investito l'Italia con striscioni, bracciali, testimonianze di attenzione di ogni tipo.
    Anche Arcuri parla dei cinque esponenti dei servizi segreti e si spinge fino a individuare in un conflitto tra gli apparati civili e quelli militari la ragione della sua morte. Secondo il giornalista sarebbero stati i servizi civili a sequestrare Giulio e, accortisi di non aver preso una spia o una persona pericolosa, di averlo consegnato ai 'colleghi' del settore militare. Sarebbero stati questi a ucciderlo. Mentre il ritrovamento del corpo sarebbe stato uno sgarbo che uno degli apparati avrebbe fatto all'altro visto che sarebbe stato facile farne perdere le tracce, come è accaduto per tanti che sono spariti nel nulla. Il giornalista fa ancora un passo in avanti: cosa fare? La verità storica raggiunta dalla Procura di Roma probabilmente non si convertirà in una verità giudiziaria poiché le autorità egiziano non consegneranno mai i cinque indagati e armi spuntate appaiono pure la possibilità di ricorrere all'Aja o alla Corte dei diritti umani di Strasburgo.
    Arcuri sottolinea anche la forza della lobby egiziana che opera all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani che, paradosso nel dolore, ha ottenuto che la brutale dittatura di al-Sisi venisse classificata rispettosa dei detenuti. Incredibile ma vero: perfino più rispettosa di paesi davvero civili come la Svezia. 
   

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