ALESSANDRO MAURO, SE ROMA E' FATTA A SCALE (EXORMA, PP. 169, 14,90 EURO) - La dialettica tra il sopra e il sotto, il legame tra la terra e il cielo, il ponte tra le diverse possibilità, una sorpresa, addirittura un mistero e soprattutto "un'accelerazione del ritmo urbano". E, se poi la città in questione è proprio l'Urbe per eccellenza, ecco che le scalinate - protagoniste del libro di Alessandro Mauro "Se Roma è fatta a scale" - diventano anche pezzi di storia, di arte, di luce.
Ma non ci deve aspettare né una guida né un censimento: qui si tratta di "vita". L'autore queste scale - più di ottanta - le ha "vissute" tutte: le ha scelte, le ha spiate su Google Maps e poi è andato a "consumarci le suole". Come un patito di musica che, dopo tanti ascolti "registrati", vuole finalmente godersi un grande e irripetibile live. Ma Mauro non si è fermato ai grandi classici: le scalinate di via Fori Imperiali (camaleontiche fino all'invisibilità), Campidoglio, Ara Coeli, Circo Massimo, Monte dei Cocci. E', infatti, corso fino all'Eur per arrampicarsi sui gradoni che da viale Europa portano alla basilica dei Santi Pietro e Paolo, decisivi "alla riuscita del trionfo prospettico" ma per ben due volte interrotti da strade ingombre di macchine parcheggiate: "una presenza che stabilisce quanto quelle scale - nota Mauro - prima ancora che chiesa, siano città". E le sue passeggiate non sono solo fatte di monumenti, mosaici e nasoni ma anche di bancarelle, stenditoi, lavori in corso, odore di sugo che borbotta in pentola e vociare di bambini che giocano.
Tra le scale di Roma non ne possono mancare due assai speciali.
La prima, alla Garbatella, è la scalinata di via Giovanni da Montecorvino resa famosa dal "Bar dei Cesaroni". Imperdibile secondo l'autore per verificare che "la vita è più importante e spesso meglio, della televisione". Per la seconda location bisogna tirare in mezzo la fede, non quella religiosa ma quella calcistica: la scalinata dell'Olimpico per i tifosi, quelli che la percorrono da quando a vestirli era la mamma, è "attesa, speranza, drammatica incertezza del futuro".
In questo momento storico così "intriso" di tensioni internazionali, guerre e atti di terrorismo rimane in mente l'efficace pensiero che accompagna la scalinata che unisce via XXIV Maggio e via IV Novembre, ovvero la data del 1915 in cui l'Italia entrava in guerra e del 1918 in cui ne usciva: "Portare qualche classe a fare lezione in quei gradini ombrosi potrebbe servire a dire che la guerra è salita, e strettoia, giacché la scala, complice, si assottiglia salendo. E che la pace è una ricchezza da festeggiare, magari con una bella bevuta in compagnia".
Insomma alla fine tutte queste scale e questa fatica sono un spunto, un pretesto per descrivere la meraviglia di una città "riluttante all'idea di diventare metropoli" e "vagamente incline all'evocazione sospirosa - dal ponentino agli stornelli, passando per la trippa con la mentuccia - delle belle cose di una volta". Insomma l'arte travolta dalla vita quotidiana e le ansie, la gioia, l'inquieto vivere di tutti i giorni placati e rimessi al loro posto dal bello e dal grandioso.
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