Si sente molto siciliano, ma non ama il sicilianismo, è naturalmente poligrafo praticando teatro, cinema e letteratura, ma non ha troppa paura dell'Intelligenza Artificiale. Così Roberto Andò, fresco di masterclass al Festival del cinema di Porretta Terme, si racconta all'ANSA. Regista e scrittore, collaboratore giovanissimo di Francesco Rosi e Federico Fellini e poi di Michael Cimino e Francis Ford Coppola, dice della differenza tra cinema e teatro: "Cinema e teatro hanno codici totalmente diversi, ma hanno anche qualcosa che può essere oggetto di scambio. Penso, ad esempio, al rapporto con gli attori che nel teatro è una cosa centrale, dove è importante la cura dell'attore, farlo entrare dentro la drammaturgia, l'attenta lettura del testo, il cosiddetto 'tavolino'. Una cosa che però può valere come insegnamento anche per il cinema. A me piace passare dall'uno all'altro, sono come due cantieri. Visconti e pochi altri hanno fatto lo stesso".
Perché come artista usa tanti registri diversi? "Questa poligrafia di solito è il viaggio verso una focalizzazione. Hai tre possibilità: scrivere un romanzo, fare una regia a teatro e poi passare anche al cinema. È una cosa che comunque ti arricchisce". Cosa ama suscitare nel suo pubblico? "A me piace soprattutto raccontare che è poi l'aspetto fondativo di chi fa questo lavoro e poi nel racconto introdurre elementi spiazzanti che riguardano la vita. Mi piace mettere insieme l'alto e il basso, comicità e tragedia". Si sente siciliano? "Mi sento molto siciliano e credo che si veda anche in quello che faccio, però non indulgo nel sicilianismo, mi sento più aperto verso l'Europa" dice l'autore di film come La stranezza e Le confessioni. C'è un'opera su cui vorrebbe lavorare? "Riguardo alla lirica mi piacerebbe per esempio fare La carriera di un libertino di Stravinskij che è un'opera bellissima o anche La donna senza ombra di Strauss che sono due lavori poco rappresentati, ma non credo li farò mai. Nel campo della letteratura amo molto Proust e la sua Recherche, un'opera grandiosa sulla ricerca del tempo e il senso della vita".
Il futuro del cinema? "La penso un po' come Woody Allen che ha appena detto che non lo vede troppo bene. Oggi il cinema è sicuramente più marginale perché, ad esempio, non riesce più a suscitare dibattiti. È praticamente entrato in una zona d'ombra, anche perché si consuma in un modo diverso da prima. Noi cercavamo la partecipazione, il condividere questo aspetto è completamente finito perché attualmente ci sono troppe immagini. Credo - continua Andò - diventerà sempre più un'altra cosa, ci saranno ancora le sale, ma saranno più di nicchia, per poche persone. E pensare che prima era uno dei più grandi veicoli di idee, era capace di appassionare, ma questo aspetto non c'è più". E ancora sul futuro del cinema: "Il pericolo è la standardizzazione, l'uso degli algoritmi, ormai ci sono delle regole ed è più importante la scrittura, il produttore, più che il regista. Mentre credo che quest'ultimo debba avere sia duttilità, ma anche rigore e su certe questioni debba mantenere il punto". Paura dell'Intelligenza Artificiale? "No, nessuna, mi sembra che sul fronte artistico non possa fare niente, non ha niente a che vedere con l'arte e la creatività".
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