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A Roma la regista afghana Karimi, insegnerà al Csc

Cinema

A Roma la regista afghana Karimi, insegnerà al Csc

La cineasta: "Per me un onore, mi aiuterà a superare il trauma"

ROMA, 11 ottobre 2021, 10:42

di Silvia Lambertucci

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A Roma la regista afghana Karimi, insegnerà al Csc - RIPRODUZIONE RISERVATA

A Roma la regista afghana Karimi, insegnerà al Csc - RIPRODUZIONE RISERVATA
A Roma la regista afghana Karimi, insegnerà al Csc - RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA - "So che avete visto Schindler's list, quello che è accaduto il 15 agosto in Afghanistan è una cosa simile". Camicia nera e badge al collo, i lunghi capelli scuri ad incorniciare il volto senza più il velo, Sahara Karimi non aveva usato mezzi termini a settembre, ospite di un panel al Festival del Cinema di Venezia, per scuotere la comunità internazionale sulla tragedia del suo Paese violentato dalla furia talebana. Miracolosamente in salvo, volata da Kabul a Kiev, la giovane regista afghana raccontava di aver dovuto decidere della sua vita in una manciata di minuti. "Siamo dovuti scappare senza nemmeno prendere gli effetti personali. - spiegava -. Avevamo fiducia nei nostri politici, ma ci hanno tradito e anche il mondo ci ha tradito. Molti artisti sono fuggiti dall'Afghanistan, ma ci sono migliaia di talenti costretti a nascondersi". Adesso lascerà anche Kiev per trasferirsi in Italia, a Roma, chiamata dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Scuola Nazionale di Cinema che le ha offerto un ruolo come Visiting Professor per l'anno accademico che prende il via in questi giorni.

"Per me un'opportunità e un onore", ringrazia commossa l'autrice di Hava, Maryam, Ayesha, film denuncia contro la società patriarcale che le diede notorietà nel 2019, presentato nella sezione Orizzonti al Festival del Cinema di Venezia. Cresciuta in Iran dove ha studiato fino a 16 anni per poi trasferirsi in Slovacchia dove si è formata all'Università di Bratislava e dove ha cominciato la sua carriera nel cinema, Karimi riparte così. Nel suo paese d'origine dove era tornata orgogliosamente a vivere, aveva, fino al tragico agosto di quest'anno, un ruolo importante, chiamata nel 2019 alla guida dell'Afghan Film Organization. Al Centro Sperimentale (Csc) l'ha voluta la presidente della Fondazione, Marta Donzelli, profondamente colpita dalla lettera all'Occidente che Karimi aveva postato il 13 agosto da Kabul, appena due giorni prima di essere costretta alla fuga. "Vi scrivo col cuore a pezzi e con la profonda speranza che possiate unirvi a me nel proteggere il mio bellissimo popolo, specialmente i cineasti, dai talebani" esordiva la giovane cineasta. Un appello che Donzelli ha deciso di cogliere: "Sahraa non è solo un'artista di grande talento, ma una donna dallo straordinario coraggio che ha dedicato gli ultimi anni allo sviluppo di un cinema libero nel suo Paese, al supporto di giovani artiste e artisti e ai diritti delle donne", sottolinea oggi la presidente del Csc.

Da qui l'impegno a trovare un contatto con lei, raggiunto con l'aiuto del direttore del Festival del Cinema di Venezia, Alberto Barbera: "Le ho scritto per dirle che le porte della nostra scuola erano aperte e che ci sarebbe piaciuto invitarla come visiting professor a Roma. Il fatto che abbia accettato la nostra proposta mi ha riempito di gioia, una piccola luce nel buio", racconta Donzelli , convinta che la presenza della cineasta afghana offra "un'enorme opportunità per le ragazze e per i ragazzi" della scuola. Nella scuola nazionale di Cinema, spiega, "Karimi terrà un corso interdisciplinare di innovative storytelling in inglese, che prevede anche la mentorship di alcuni lavori degli studenti. Una scelta fortemente appoggiata, alla vigilia del G20 straordinario per l'Afghanistan, anche dal ministro della Cultura Dario Franceschini che ricorda i tanti progetti avviati negli anni dall'Italia per il sostegno e la produzione delle arti afghane. Karimi ringrazia, felice, dice, di scambiare le sue esperienze, "che provengono da un background culturale e sociale completamente diverso, con quelle di ragazze e ragazzi che iniziano ora il viaggio che li porterà domani a essere dei registi". Da Kabul a Roma, la vita e la carriera professionale stravolte nel giro di un'estate. Lei, più che di trasferimento, preferisce parlare di viaggio, anzi di un "viaggio di guarigione", una bella opportunità, sottolinea, "per sopravvivere al trauma che io e il mio Paese abbiamo attraversato negli ultimi mesi".

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