Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.

Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.

Puoi leggere tutti i titoli di ANSA.it
e 10 contenuti ogni 30 giorni
a €16,99/anno

  • Servizio equivalente a quello accessibile prestando il consenso ai cookie di profilazione pubblicitaria e tracciamento
  • Durata annuale (senza rinnovo automatico)
  • Un pop-up ti avvertirà che hai raggiunto i contenuti consentiti in 30 giorni (potrai continuare a vedere tutti i titoli del sito, ma per aprire altri contenuti dovrai attendere il successivo periodo di 30 giorni)
  • Pubblicità presente ma non profilata o gestibile mediante il pannello delle preferenze
  • Iscrizione alle Newsletter tematiche curate dalle redazioni ANSA.


Per accedere senza limiti a tutti i contenuti di ANSA.it

Scegli il piano di abbonamento più adatto alle tue esigenze.

Ben Hania, Bellucci "un'icona che ama le sfide"

Cinema

Ben Hania, Bellucci "un'icona che ama le sfide"

In The man who sold his skin, candidato agli Oscar

ROMA, 21 aprile 2021, 16:26

di Francesca Pierleoni

ANSACheck

The man who sold his skin - RIPRODUZIONE RISERVATA

The man who sold his skin - RIPRODUZIONE RISERVATA
The man who sold his skin - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un giovane rifugiato siriano in Libano, Sam Ali (Yahya Mahayni), pur di riunirsi a Bruxelles con la donna che ama (spinta a un matrimonio combinato), accetta, in una sorta di patto faustiano, di farsi tatuare sulla schiena da un famoso e provocatorio artista, Jeffrey Godefroi (Koen De Bouw), un enorme visto di Schengen per poter così viaggiare in Europa da opera d'arte vivente. Una condizione, però, che invece di essere un mezzo per trovare una propria libertà e autonomia, come Sam sperava, si rivela tutt'altro. E' la trama di The man who sold his skin, la dramedy social/satirica della regista tunisina Kaouther Ben Hania, che a Venezia ha ricevuto il premio della sezione Orizzonti per il miglior attore (andato a Yahya Mahayni, qui al suo primo film, nella vita è un avvocato) ed è entrata tra i cinque titoli candidati agli Oscar come miglior film internazionale (in Italia lo distribuirà Wanted Cinema). Tra gli interpreti c'è anche Monica Bellucci, nei panni di una gallerista d'arte senza troppi scrupoli.

"Monica è un'icona. Non la conoscevo, ma le ho mandato la sceneggiatura e lei mi ha detto subito sì, aveva visto il mio film precedente Beauty and the dogs e le era piaciuto molto. E' stato bellissimo lavorare insieme, lei vuole sempre affrontare sfide diverse, si mette in gioco e ama collaborare il più possibile con registe donne - spiega Kaouther Ben Hania nell'incontro in streaming organizzato dall'American Cinemateque -. Quando le ho detto che a interpretare Sam sarebbe stato un attore non professionista era un po' preoccupata, ma poi li ho fatti incontrare ed è andato via ogni dubbio, c'è stata subito tra loro un'alchimia".

La regista, classe 1977, cresciuta in una piccola città in Tunisia, Sidi Bouzid ("è diventata famosa perché molte rivoluzioni in Tunisia sono partite da lì" dice), ha scoperto l'amore per la settima arte all'università di Tunisi dove si è laureata alla Business School, "per far contenti i miei genitori". Poi ha studiato cinema sia in Tunisia che a Parigi, alla Femis e alla Sorbonne Nouvelle. Dopo corti e documentari, la cineasta ha debuttato nel cinema di fiction con Beauty and the dogs (2017), su una donna che nel corso di una notte, dopo essere stata violentata da alcuni poliziotti, fatica a trovare aiuto e giustizia. Il film, dopo il debutto a Cannes in Un Certain Regard, era stato scelto come candidato ufficiale della Tunisia all'Oscar per il film internazionale, ma non era entrato in cinquina.

"Il mio cinema ruota intorno al concetto di giustizia e a tutte le relazioni sociali e politiche a cui è legata - sottolinea -. In Beauty and the dogs è ciò che cerca la protagonista, mentre in The man who sold his skin Sam vive in un mondo ingiusto nel quale non ha realmente libertà di scelta. Parlo spesso del rapporto fra dominatori e dominati, del conflitto tra le persone e le istituzioni. Così in Beauty and the dogs la storia non era tanto centrata sul primo stupro, quello fisico, che non mostro, ma sul secondo, più freddo, operato dalle istituzioni. Invece in The man who sold his skin, mostro un'altra istituzione, quella del mondo dell'arte". L'idea iniziale "mi è venuta al Louvre , vedendo nella retrospettiva su un artista belga, Wim Delvoye (che appare in un cameo nel film, ndr), tra le opere esposte, un uomo in carne e ossa con la schiena tatuata - spiega - . Quell'immagine non ha abbandonato la mia mente, è diventata un'ossessione, mi chiedevo chi fosse quell'uomo. Non volevo tuttavia raccontare la sua vera storia, ma sfruttare quello spunto in un racconto di fiction, che mi desse la libertà di esplorare più temi, come quello dei rifugiati".

Scrivere la storia "è stata come una febbre, ho finito la prima versione della sceneggiatura in cinque giorni". Per la cineasta, in The man who sold his skin il racconto "è circolare. Il protagonista che all'inizio è privato del controllo sulla propria vita e il proprio corpo dalla guerra, si ritrova ad affrontare quella privazione di cui è stato vittima alla fine".

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Da non perdere

Condividi

O utilizza