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Roberto Fischer, cambi di nome e fughe per evitare Olocausto

Roberto Fischer, cambi di nome e fughe per evitare Olocausto

91enne fratello di Eva, "nostro padre rabbino ucciso da nazisti"

CAGLIARI, 21 maggio 2021, 14:17

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Novantuno anni il 22 maggio. Ma Roberto Fischer non ha voluto mancare l'appuntamento a Cagliari con l'inaugurazione della mostra con 140 opere della sorella Eva. E allora ha preso l'aereo e da Roma ha raggiunto la Sardegna. Anche perché il suo racconto è importante per spiegare la parentesi pittorica di Eva Fischer dedicata all'Olocausto.
    Immagini tetre e claustrofobiche di gabbie, prigioni e di scarpe abbandonate perché chi le indossava era magari finito nelle camere a gas. Una vita a scappare dai tedeschi. "Noi abitavamo a Belgrado - ha raccontato Roberto Fischer - e, da un giorno all'altro, ci siamo visti i tedeschi nelle nostre strade. Io avevo 11 anni, ma Eva ne aveva 21. Noi ebrei siamo stati ammassati: ci hanno fatto indossare le uniformi con le stelle gialle. Mia sorella veniva mandata a lavorare, ma la sera ritornava a casa. Mio padre, che era rabbino, pensava di non essere preso. E invece un giorno lo hanno portato via. Per lavorare, dicevano i tedeschi. E invece abbiamo saputo che era stato fucilato nelle campagne insieme agli ultimi preso a Belgrado". E allora da soli, un bambino, la sorella e la madre.
    "Avevamo paura - ha raccontato - e allora mia madre ha deciso di vendere tutto quello che avevamo per procurarci dei documenti falsi. Da un giorno all'altro ci siamo chiamati Petrovic. E siamo scappati verso Spalato perché c'erano gli italiani e la situazione era più tranquilla".
   

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