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Fantozzi, un tragicomico leader in era Jobs Act

Due anni fa ritorno in sala. Villaggio, "Ora sono tra i grandi"

"Tornare al cinema con Fantozzi mi fa comodo: sento di entrare tra i grandi. Mi spiego: Fellini, Monicelli, Moravia non avevano paura di morire, sapevano che comunque sarebbero sopravvissuti attraverso i loro film. A questo punto mi rassereno, forse non devo più temere la morte".
    Paolo Villaggio aveva commentato così il ritorno in sala due anni fa, restaurati in occasione del quarantennale, dei mitici film di Fantozzi, quelli con il ragionier Ugo alla guida della Bianchina, impiegato senza qualità della Megaditta, sposato con la sfiorita Pina, padre della mostruosa Mariangela, corteggiatore senza fortuna della collega panterona signorina Silvani.
    "Ho sempre pensato di non farcela", aveva raccontato l'attore, comico, scrittore e sceneggiatore genovese. "Da giovanissimo con Fabrizio (De Andre', ndr) avevamo il sospetto che non avremmo sfondato. Io poi vedevo i film di Totò in televisione, quelli di Stanlio e Ollio, non parliamo di Alberto Sordi, ma non pensavo addirittura di arrivare ad avere l'onore di essere restaurato come un grande e tornare per la porta principale del cinema. Devo ammettere che da un paio d'anni ho la consapevolezza di avercela fatta. E sa perché? Mi incontrano per strada e mi fanno le feste, mi abbracciano, soprattutto le donne. E mi dicono 'grazie perché con Fantozzi ci hai insegnato molte cose prima di tutto ad accettarci'".
    Dal 1975, nascita del ragionier Ugo, ad oggi i tempi sono cambiati, in peggio lavorativamente e sindacalmente parlando, aveva sottolineato Villaggio, mentre la considerazione che abbiamo maturato del personaggio è migliorata proporzionalmente.
    "Fantozzi all'inizio ci faceva ridere, ma veniva considerato un vicino di casa cretino, poi lentamente noi italiani ci siamo scoperti, proprio come lui, almeno per l'80% incapaci di essere competitivi e per una buona parte purtroppo anche dei falliti rispetto alle proprie aspirazioni. In tempi di esodati e di Jobs Act, Fantozzi è un tragicomico leader. Un bel paradosso".
    Come nacque Fantozzi? "La parte comica venne fuori in un certo senso come eredità di un mio soggiorno a Londra da cameriere e poi successivamente come cabarettista in navi da crociera, quella più tragica dal mio lavoro alla Cosider come impiegato. Fantozzi coglieva il lato tragico dell'italiano medio, talmente tragico da far ridere. In quell'Italia così competitiva di quegli anni sembrava un pagliaccio, un clown da circo, quasi un estraneo, mentre ora ci si può riconoscere tutti, persino con gratitudine".
    Villaggio ha scritto una trentina di libri, otto solo su Fantozzi che al cinema fu rappresentato in 10 pellicole, a partire da quella prima, datata 1975, diretta da Luciano Salce, su soggetto dello stesso Villaggio e sceneggiatura di Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Salce e Villaggio.
    "Ho avuto una vita molto felice e me la sono costruita con accanimento scientifico. Ho visto un Tognazzi meraviglioso, straordinario, un Pozzetto comico buonissimo, ho conosciuto Monicelli, la persona più onesta mai incontrata. Ne ho fatte di cotte e di crude. Posso finire qui - aveva concluso - e dire che ho vissuto".
   

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