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Cannes: la giuria, uniti in difesa del cinema d'autore

Presidente Miller, battuto record della riunione più lunga

C'è chi lo ha chiamato un collage (Donald Sutherland), chi un puzzle (Mads Mikkelesen), chi lo ha paragonato a un dipinto di cui era necessario scegliere e comporre i colori, secondo l'azzeccata metafora del presidente della giuria, l'australiano George Miller. Comunque la si racconti la "traversata nel deserto" dei nove giurati di Cannes aveva un obiettivo ben determinato dallo stesso Miller: comporre un percorso corale e logico, che prescindesse dal puro sentimento soggettivo dei singoli componenti. In quest'ottica le scelte finali, dalla Palma d'oro fino ai premi per gli attori, la stessa "scaletta" scelta per gli annunci della giuria assume un profilo - magari discutibile - logico e che voleva tendere all'unanimità.

Questa in verità sembra invece mai raggiunta tanto che alcune scelte appaiono di compromesso, ma la direzione si conferma invece univoca e sorprendente: fare di Cannes e dei suoi premi un bastione della creatività e del cinema d'autore che sa ancora guardare agli individui e alle loro tragedie quotidiane. "Credo che abbiamo battuto il record della più lunga riunione di giuria nella storia di Cannes - commenta ridendo George Miller - ma ci animava una reale passione e il desiderio di indicare alcuni punti fermi. Non sarebbe corretto parlare delle singole scelte e anche delle esclusioni che sono fatali e non vogliono dire che i film rimasti fuori dal palmarès non avessero grandi qualità. C'è stata passione, rispetto, anche violenza nelle nostre discussioni, ma alla fine credo possiamo tutti partire contenti di quel che abbiamo fatto. Il direttore Thierry Fremaux ci ha sottoposto una selezione importante di ciò che è oggi il cinema di qualità e in questo campo abbiamo provato a indicare dei valori e sostenere degli artisti".

"La cosa per me più bella - ha sottolineato invece uno spiritoso e appassionato Donald Sutherland, intabarrato tutto il tempo in uno scialle per proteggersi dall'aria condizionata del Palais - è stato ascoltare colleghi molto più giovani di me e preparatissimi sul cinema, talenti che avevano voglia di battersi per le loro idee e passioni e sapevano insegnare tanto a un vecchio come me. Partirò domani con una grande allegria per i giorni passati insieme ma anche molta nostalgia per persone bellissime che ho incontrato qui per la prima volta".

A chi chiedeva con insistenza come mai in un'annata tanto marcata dalla presenza femminile, la giuria ne avesse tenuto conto solo in maniera residuale (un premio obbligato alla migliore attrice e una ricompensa di secondo livello per l'inglese Andrea Arnold) ha risposto per tutti Mads Mikkelsen: "Quando si arriva a Cannes ci si trova davanti ciò che per il selezionatore è il meglio possibile; a quel punto tutte le questioni relative all'importanza delle donne nell'arte e nella società (che sono certo attuali e cruciali) passano in secondo piano. Noi dovevamo fare un altro lavoro per il quale c'era parità assoluta; c'erano talenti e artisti, non uomini, donne o quant'altro". Idea ribadita da una battagliera Valeria Golino che ha comunque riconosciuto di aver incontrato "tantissime figure femminili di grande bellezza e forza, anche nei film che mi hanno convinta di meno". (ANSA).
 

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