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Gli chef nipponici 'aprono' al vino italiano, è sushi-revolution

Gli chef nipponici 'aprono' al vino italiano, è sushi-revolution

Il Gavi entra nei menù nipponici e avvia la prima contaminazione made in Italy

12 giugno 2015, 17:18

Fabrizio Cassinelli

ANSACheck

Rivoluzione sushi, chef nipponici aprono al vino italiano © ANSA/Consorzio Tutela del Gavi

Rivoluzione sushi, chef nipponici aprono al vino italiano © ANSA/Consorzio Tutela del Gavi
Rivoluzione sushi, chef nipponici aprono al vino italiano © ANSA/Consorzio Tutela del Gavi

C'era una volta un feudo culturale, un luogo della gastronomia fortemente simbolico, di pregio e ancorato a immutabili tradizioni, una realtà quasi del tutto impermeabile al 'made in Italy': il cibo giapponese. Oggi, nell'anno di Expo e dell'incontro mondiale sull'alimentazione, questo ambiente impenetrabile, fatto di regole ferree, tecniche esclusive e qualità delle materie prime, apre per la prima volta i suoi orizzonti culturali al vino italiano. Nella patria europea del sushi, l'Italia, dove questi piatti prima di nicchia sono diventati un vero e proprio stile alimentare, l'Airg, l'associazione che raccoglie i ristoranti giapponesi nel nostro Paese, ha annunciato di aver intrapreso un "percorso culturale ed enogastronomico" con un consorzio di vini italiano.

Una sorta di piccola rivoluzione: "Prima al massimo qualche ristoratore inseriva una bottiglia di vino bianco nel menù - spiega Annalena De Bortoli, dell'Associazione italiana ristoratori giapponesi - perché nei locali di alta gamma si servono tradizionalmente solo vari tipi di tè verde e sakè". Ora invece, siamo di fronte all'inizio di una contaminazione che potrebbe fare molta strada: merito dell'approccio culturale del Consorzio del Gavi, che ha stretto questa alleanza. Non solo commercio, sia chiaro, ma bensì degustazioni, workshop, performance artistiche e letterarie, che si inseriscono nella settimana della cultura giapponese che si sta per aprire, il 'Milano Matsuri 2015', dall'11 al 14 giugno, e che nel capoluogo lombardo registra da tre anni il tutto esaurito.

Un fenomeno d'èlite? Sì ma che fa tendenza, come dimostra la grande notorietà, anche tra la gente comune, delle tecniche di lavorazione e cottura, degli chef, degli eventi in stuile 'giapo'. Sul vino, per ovvie differenze culturali, c'era il buio, o una minima luce, con l'inserimento, nei menù, di alcune semplici etichette consigliate dalla distribuzione. Insomma bianchi generici pensati in funzione dell'ampio uso di pesce. Ma niente di pensato, nessun 'percorso'. "Ora invece - dice lo chef di un noto ristorante - abbiamo accostato due modi di pensare, due Paesi, due gusti. Progetti gastronomici, sensazioni palatali che ripsondono a progetti, idee, arte".

Insomma il vino della rinomata località tra il Piemonte e la Liguria entrerà nei menù nipponici, coinvolgendo non solo il palato, ma anche la stessa cultura vinicola italiana che si confronterà con quella giapponese in incontri e performance artistiche. Tanto per fare un esempio l'etichetta ufficiale della bottiglia del Gavi Docg 2015 è stata disegnata da un artista giapponese, Shuhei Matsuyama, che vi ha immortalato le dolci colline - che insistono su non più di 11 comuni - su cui svettano i vigneti di Cortese. Certo oggi il panorama della ristorazione 'giappo' si divide da una parte in un limitato gruppo di imprenditori seri che rappresentano davvero questo mondo, e dall'altra in una miriade di finti locali, di sushi bar, di cinesi-finti giapponesi. Ma anche se questi locali economici hanno prodotto oggi una cucina cosiddetta 'fusion' la vera contaminazione probabilmente non c'è stata. Si è trattato, infatti, fino ad ora, solo del semplice abbinamento di cucine diverse dettato dal mercato. A breve invece si potrebbe assistere allo spodestamento di tè verdi e sakè nel regno di sushi e sashimi. "Questo non è un progetto commerciale - riprende De Bortoli - è qualcosa di culturale: è sperimentazione, è vero confronto. E come avviene tra due grandi culture, deve essere armonico".

A riuscire in questa piccola impresa è stata una delle etichette più note dell'italian wine nel mondo, meno nota in patria: il Gavi. Un gioiello tipico della variegata produzione italiana, un bianco del Piemonte (fatto di uve Cortese in purezza) che alcuni paragonano al Barolo per la sua importanza. "E' l'incontro tra il vento marino che soffia dal Mar Ligure e la neve dell'Appennino a rendere speciale quest'angolo di Piemonte - spiega un produttore - con un disciplinare che ne limita la produzione a soli 11 comuni e che ha la sua zona d'elezione nella Val Borbera". "Ambasciatore della qualità italiana all'estero (con una produzione di 13 milioni di bottiglie quasi tutte per l'export, ndR), il Gavi è uno dei bianchi più ricercati in Germania, Inghilterra, Svizzera, Stati Uniti e naturalmente in Giappone - dice Francesco Bergaglio, direttore del Consorzio tutela del Gavi - e ha trovato una corrispondenza naturale con la cucina nipponica. Il Cortese autoctono e millenario e il territorio del Gavi si ispirano a valori di eccellenza, così come il gusto raffinato e la tradizione millenaria del Giappone. Abbiamo quindi creato un incontro che porta il Gavi Docg nei ristoranti giapponesi ad esaltare due culture gastronomiche". Un progetto culturale forse ancor prima che commerciale, che potrebbe lanciare un intero 'nuovo mondo' di abbinamenti enogastronomici. La strada aperta dal bianco e minerale Gavi, pensata soprattutto in funzione delle ricette a base di pesce crudo, potrebbe infatti essere percorsa anche da altri vini, soprattutto in relazione alle creazioni in cottura. Non è lontano, forse, il giorno in cui durante un aperitivo in enoteca si troveranno assaggi giapponesi e seduti al bancone del sushi bar disquisiremo di calici e vini come di fronte a una tavola mediterranea augurando: "Salute, kampai!".

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