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18enne ucciso: dirigente scolastica Caivano, troppa indifferenza

18enne ucciso: dirigente scolastica Caivano, troppa indifferenza

'Molti pensano che educare significhi difendersi'

NAPOLI, 11 novembre 2024, 18:18

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"A dir la verità non mi sorprendo più di ciò che accade. A me, quello che fa davvero paura è come si arriva a tanto perché per arrivare a tanto, vi sono tanti silenzi e indifferenza". Così Eugenia Carfora, dirigente scolastica dell'Istituto Superiore e Alberghiero 'Francesco Morano' di Caivano (Napoli) commenta gli ultimi episodi di cronaca che in 17 giorni, tra il capoluogo e la provincia, hanno visto vittime tre giovanissimi, ultimo il 18enne Arcangelo Correra ucciso all'alba di sabato a Napoli.
    "Non c'è più chi aiuta e chi insegna a gestire le emozioni, nessuno più pensa che aiutare a relazionarsi sia una cosa importante. Ma quello che mi turba di più è che molti pensano che educare significhi 'Difenditi!'. Invece no, io dico che dobbiamo educare alla responsabilità. E il problema è che gli adulti sono diventati quasi invisibili e non più un punto di riferimento, per cui è come se fossimo in una bolla di caos che ci sta travolgendo. Non vedo più gli adulti - dice - Non affascinano più. Non c'è più chi comunica con loro, ci sono i silenzi. Non solo i silenzi in strada, ma anche in famiglia, tra le persone" spiega la dirigente scolastica "E questa tecnologia sta facendo diventare i ragazzi dei robot che, sappiamo, è facile gestire: premi un clic su un bottoncino ma non senti la pulsione. Io credo che è il momento della rivoluzione. Gli adulti devono rendersi conto che devono abbracciare di più altrimenti non è la pistola che fa paura, ma è quel lasso di tempo che c'è tra il comprare la pistola e mettersela tra le mani e utilizzarla. C'è qualcuno che non vedo: quello è l'adulto. Questi adulti che non dicono più 'no' e non dicono 'sì''' E facendo riferimento all'ultimo episodio di cronaca, dice: "Adesso basta che troviamo il colpevole ma non dobbiamo interrogarci sul colpevole" spiega "piuttosto dire quanto siamo invisibili". "Credo che questo sia il momento del grande riscatto degli adulti. Noi viviamo con freddezza quello che ci accade intorno e i ragazzi lo sentono, quindi hanno bisogno di emozioni forti per dire 'io ci sono'. Sono ragazzi terribilmente soli e la pistola non è solo un oggetto pericoloso ma un oggetto che un altro uomo ha costruito senza pensare nelle mani di chi finisce. Io credo che dovremmo un po' rivoluzionare le cose: questi uomini e donne devono diventare visibili. Altrimenti perdiamo i ragazzi".
   

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