Secondo il Gip di Modena Carolina
Clò sono necessari ulteriori accertamenti per chiarire quanto
successo l'8 marzo del 2020 nel carcere di Modena, quando
scoppiò una rivolta a seguito della quale morirono nove
detenuti. Il giudice non ha dunque accolto la richiesta della
Procura di archiviare il fascicolo che ipotizzava il reato di
tortura a carico di 120 appartenenti alla Penitenziaria: ha
disposto l'archiviazione solo per una ventina di posizioni, ma
ha ordinato nuove indagini, con termine di sei mesi, indicando
persone da sentire e atti da acquisire. La riserva è stata
sciolta dopo l'udienza di maggio quando erano state discusse le
opposizioni dei difensori dei detenuti, persone offese
Tra le circostanze che per il giudice meritano di essere
chiarite c'è il mancato funzionamento di alcuni sistemi di
videosorveglianza. Poi ci sono alcune intercettazioni tra gli
agenti di penitenziaria, da cui emergerebbe un incontro prima
della loro convocazione in Questura. Da valutare anche una
integrazione di una relazione da parte di un agente, fatta su
specifica richiesta del carcere modenese. Viene chiesto poi di
approfondire le lesioni subite dai detenuti, acquisendo le
cartelle cliniche e sentendo i medici che le hanno redatte.
Dovranno essere risentiti il direttore del carcere all'epoca e
quello precedente, il prefetto e il magistrato di sorveglianza
di Modena.
Il fascicolo sui morti è stato invece archiviato ma il caso è
stato portato davanti alla Corte europea per i diritti dell'uomo
che deve pronunciarsi.
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