Davanti al corpo straziato di Satnam urlava, gridava, continuava incessantemente a chiedere aiuto. Cercava il sostegno da parte di qualcuno per poter salvare la vita del marito, esanime a terra con un braccio amputato dalla macchina avvolgiplastica. Nessuno, però, ha mosso un dito. Né il titolare dell'azienda, Antonello Lovato - oggi finito in manette - né i due lavoratori che al momento dell'incidente si trovavano nei campi accanto a lei. "Ho subito chiesto a tutti di chiamare un'ambulanza, mentre Antonello continuava ad urlare 'è morto, è morto'", ma "nessuno ha fatto niente", è il racconto di Soni Soni, la moglie di Satnam Singh, agli inquirenti che oggi hanno emesso l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Lovato.
Le parole della donna ripercorrono attimo per attimo quella drammatica giornata, cominciata come ogni giorno alle 5:30 del mattino - per appena sei euro l'ora - e finita, tragicamente, nel pomeriggio, intorno alle 16. Soni era distante una decina di metri dal posto nel quale stava lavorando il marito quando "all'improvviso" - spiega - ha sentito urlare Lovato e "nel medesimo istante ho visto mio marito riverso a terra accovacciato su se stesso vicino al macchinario".
"Nell'immediatezza ho chiesto a Lovato di chiamare i soccorsi - afferma ancora la bracciante indiana nel corso dell'audizione - ma lui continuava a dire che era morto. Solo dopo aver insistito nella mia richiesta ha preso un furgone di colore bianco, ha caricato mio marito all'interno dello stesso riponendo l'arto staccato in una cassetta in plastica per poi accompagnarci presso il nostro domicilio. Lovato ha preso in braccio mio marito e lo ha lasciato davanti all'ingresso".
Al momento dell'incidente nella tenuta agricola di Latina, svela poi la donna, "erano presenti, oltre ad Antonello, anche Sandra e Gora (altri due lavoratori, ndr). Nessuno ha fatto niente". Soni chiedeva loro di chiamare i soccorsi, "supplicando" Gora di aiutarla dicendogli 'tu sei mio amico, aiutami'". "Ma anche lui - il drammatico racconto di Soni - non ha fatto niente. Erano tutti pietrificati, immobili". Poi la folle corsa con il furgoncino verso casa loro, dove Lovato ha lasciato il corpo del bracciante e poi è fuggito via. Nel tragitto - ricorda ancora Soni - "chiedevo, anzi urlavo, nella mia lingua di fermarsi per chiamare un'ambulanza". Il disperato appello rimasto disatteso lungo tutta la strada, fino a quando è arrivata la chiamata dei vicini di casa, impietriti davanti a quanto avevano visto. Mentre Lovato tornava sul furgoncino e andava via, condannando di fatto Satnam alla morte.
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