Renato Vallanzasca non può più
andare almeno una volta a settimana durante il giorno e per
alcune ore, come faceva ultimamente, nella comunità terapeutica
che frequentava già da alcuni anni.
Per la Sorveglianza di Milano, infatti, le sue condizioni
fisiche e psichiche sono tali che quel posto non gli può
garantire l'assistenza necessaria, ma secondo i suoi difensori,
tra cui l'avvocato Corrado Limentani, in quel luogo c'è, invece,
assistenza e gli è utile comunque per alleviare il decadimento
delle condizioni di salute del 73enne, ex protagonista della
mala milanese degli anni '70 e '80 e che ha già trascorso oltre
mezzo secolo di vita da detenuto.
Nel maggio dello scorso anno, su istanza degli avvocati
Limentani e Paolo Muzzi, il Tribunale di Sorveglianza di Milano
aveva concesso nuovamente i permessi premio per frequentare la
comunità, revocati qualche mese prima. Ora è arrivato lo stop
dal giudice e la difesa è pronta a fare reclamo. Nel frattempo,
sempre i difensori stanno cercando una soluzione per riuscire a
far uscire Vallanzasca, che ha il "fine pena mai", dal carcere
di Bollate e a farlo ricoverare in una struttura di cura in
regime di detenzione.
A fine maggio 2023 era stata respinta la richiesta dei
difensori di differimento pena, con detenzione domiciliare in
una struttura adatta, per motivi di salute. Da almeno quattro
anni, aveva evidenziato la difesa sulla base di consulenze,
soffre di un decadimento cognitivo e la detenzione in carcere
sta aggravando le sue condizioni. I giudici, però, avevano
stabilito che ci sono trattamenti di tipo conservativo e
farmacologico e che il 73enne può essere curato a Bollate.
Intanto, per fine mese è fissata un'udienza dopo la richiesta
di nominare per Vallanzasca un amministratore di sostegno,
figura che tutela quelle persone che, a causa di infermità, non
possono provvedere ai propri interessi.
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