"Questa è gente che è on/off,
questa è gente che spara... Capito? Cioè, è gente che non è che
ti dà un pugno in faccia che magari me lo prendo e sto zitto,
cioè questa è gente che spara, capito, piuttosto che finire in
galera...". A dirlo al telefono è un imprenditore noto a Genova
il cui fratello era vittima della banda di usurai sgominata ieri
dalla squadra mobile e dal Sisco, coordinati dalla Dda. In
manette è finito Roberto Sechi, uomo del clan Fiandaca. Altri
due sono stati arrestati, tre sono stati sottoposti ai
domiciliari e tre agli obblighi di firma.
L'imprenditore della ristorazione, ludopatico e con problemi
di droga, si era indebitato per 100 mila euro. Ma alla banda
messa in piedi da Sechi doveva 10 mila euro più gli interessi
maturati con un tasso del 10%. Per sfuggire ai creditori era
scappato da Genova perché alcuni venivano considerati
pericolosi.
Agli investigatori, coordinati dal sostituto Federico
Manotti, la vittima ha spiegato che i soldi gli erano stati dati
in due tranches da cinque mila euro. In un paio di mesi, la
vittima era riuscita a dare solo 4 mila di interessi. Ma la
difficoltà a rientrare dal debito e il fatto che Sechi gli
avesse detto di "essere stato un uomo di fiducia dei Fiandaca"
lo aveva spinto a scappare e a ricoverarsi in una comunità di
disintossicazione del Veneto.
Il gruppo pescava le vittime tra gli scommettitori che si
indebitavano nel giro di scommesse clandestine messo in piedi
tramite gruppi di WhatsApp dove si scommetteva continuamente su
tutti gli sport.
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