E' passato un anno dalla tragedia di Steccato di Cutro quando, il 26 febbraio 2023, nel naufragio del caicco Summer Love persero la vita 94 migranti tra i quali 35 minori. Ma per Firas El Ghazi, 41 anni, siriano, il tempo sembra essersi fermato a quella data. "Tutte le sofferenze che ho visto non so se andranno mai via dalla mia testa. Le sogno ogni notte".
El Ghazi, quella notte maledetta, perse il nipotino di 6 anni, Sultan. Firas, Sultan ed un altro nipote più grande, dopo essere stati scaraventati in acqua nell'urto del caicco con la secca, furono trascinati al largo dalle correnti marine, attaccati ad un pezzo della barca. Tre ore rimasero in acqua prima che - "quando era già giorno" - una motovedetta li soccorresse. Per il piccolo Sultan, però, era troppo tardi. Il bambino era morto per ipotermia.
El Ghazi, nelle settimane successive fece parte della delegazione di superstiti e familiari delle vittime che fu ricevuta a palazzo Chigi dalla premier Giorgia Meloni. "Le abbiamo raccontato le nostre storie - disse all'epoca - e da parte sua c'é stato un forte carico emotivo e si è messa a piangere". L'uomo adesso si trova in un centro profughi ad Amburgo. "Cosa chiedo? - dice adesso, a pochi giorni dalle commemorazioni della strage - dateci la possibilità di riunirci con le nostre famiglie per aiutarci a superare questa sofferenza". Firas in Germania aveva chiesto la protezione internazionale che vale per tre anni e permetterebbe il ricongiungimento con la famiglia, ma le autorità tedesche gli hanno riconosciuto solo la protezione umanitaria valida un anno.
"I nostri diritti - dice Firas - sono diminuiti così non posso chiedere il ricongiungimento. Ci sentiamo fregati, nessuno ha mantenuto le promesse fatte dopo il naufragio in Calabria".
In Siria aveva una ditta edile che ha dovuto lasciare, spiega, per non essere ucciso visto che si opponeva al governo. "Vorrei riprendere una vita normale - racconta - con i miei tre figli e mia moglie che sono in Turchia. Mi sono pentito di esser venuto in Germania. L'ho fatto perché qui c'erano dei familiari e tanti amici e speravo che in Germania mi avrebbero dato la protezione internazionale per lavorare ed aiutare la mia famiglia in Turchia. Forse l'Italia poteva darmi di più? Non lo so. I miei sogni ora sono legati agli aiuti delle persone e non so se si realizzeranno. Mi sono anche pentito di esser venuto in Europa".
A Cutro sono attesi superstiti e familiari delle vittime che giungeranno in Calabria nella tarda serata di domani. Chi è già arrivato è Alidad Shiri, giornalista-scrittore di 31 anni, afgano, che vive a Bolzano. È giunto in Italia nel 2005 quando aveva 12 anni dopo un viaggio a dir poco avventuroso raccontato nel libro "Via dalla pazza guerra". Nel naufragio ha perso un cugino di 17 anni il cui corpo non è mai stato trovato. "Mio cugino - dice - si vede in uno dei video mentre è su quella barca. Però il suo corpo non è stato trovato ed io non so come dirlo a mia zia".
Facendosi interprete dei sentimenti dei molti che hanno avuto la vita sconvolta dalla tragedia, Alidad dice che stanno "aspettando giustizia e verità. Abbiamo visto che c'è stata la condanna dello scafista ma stiamo aspettando anche una risposta della magistratura per i ritardi nei soccorsi".
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