Un team di ricercatori
dell'Università di Torino, guidati dai Giuseppe Ferrauto e
Silvio Aime, ha sviluppato un metodo basato sulla risonanza
magnetica per immagini (Rmi) che va oltre le tradizionali
tecniche di imaging, consentendo una valutazione più accurata
della malignità dei tumori e dell'efficacia dei trattamenti.
Il nuovo metodo sviluppato a Torino va però ben oltre,
spingendosi a visualizzare dettagli funzionali delle cellule
tumorali. Il team italiano è leader mondiale di una particolare
tecnica di Rmi chiamata Cest (Chemical Exchange Saturation
Transfer), una sorta di trucco che sfrutta lo scambio di protoni
tra l'acqua e altre molecole al fine di aumentare la sensibilità
della risonanza magnetica e di ottenere importanti informazioni
sull'ambiente chimico.
Nel lavoro recentemente pubblicato su Angewandte Chemie, una
delle più prestigiose e storiche riviste in ambito chimico, Enza
Di Gregorio, ricercatrice di UniTo, ha mostrato come utilizzare
questa metodologia per osservare molecole presenti all'interno
delle cellule tumorali, come la creatina. La vera innovazione e
potenzialità del metodo sviluppato è stata quella di utilizzare
queste molecole come spie interne alla cellula, per verificare
cosa succede nella cellula tumorale.
Il maggiore punto di forza del metodo sviluppato, che fa ben
sperare per una rapida applicazione clinica, è il fatto di
utilizzare strumenti di Rmi e mezzi di contrasto a base di
gadolinio già presenti e utilizzati nella pratica diagnostica
clinica. Si richiederà quindi al paziente, durante il normale
protocollo diagnostico Rmi, di pazientare altri 3-4 minuti per
un'ulteriore analisi. Considerando ciò è nato l'interesse da
parte dell'Irccs Sdn Synlab di Napoli, guidata da Marco
Salvatore, di proporre ai pazienti il metodo.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA