Gabriele Marchesi ha 23 anni. I giornali lo definiscono “anarchico”. Da novembre scorso è ai domiciliari a Milano, per un mandato d’arresto europeo spiccato dall’Ungheria. Il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser ha espresso il suo no all’estradizione, per la sproporzione dell’eventuale pena rispetto ai fatti contestati e per la pessima fama delle carceri ungheresi. Come quelle in cui da un anno si trova Ilaria Salis.
“Mia figlia è agli arresti cautelari da un anno per dei reati che sono stati definiti dal sostituto procuratore generale della corte d’appello di Milano “di lievissima entità”. Il processo verificherà se è colpevole. Siamo nel 2024, esistono anche le videoconferenze: non c'è nessun motivo per far stare in carcere, in mezzo alle cimici, una persona accusata di aver causato qualche graffio”, si sfoga.
Il paese di Viktor Orbán è finito più volte sotto i riflettori internazionali per questioni legate al rispetto dello stato di diritto. “A Ilaria è stato impedito per quasi sette mesi anche solo di parlare con la sua famiglia”, racconta all’ANSA Gianluca Tizi del Comitato Liberiamo Ilaria Salis, nato su iniziativa di compagni e compagne di università della donna - tra cui anche la moglie di Gianluca. “Ilaria era a Budapest a manifestare contro una celebrazione verso cui prova sdegno. E io penso che questo sia un diritto inalienabile in qualunque paese, almeno dell'Unione Europea”.
L’Ungheria è anche lo Stato che in Europa vede la più alta percentuale di persone in carcere rispetto alla popolazione. E in media le pene detentive durano più che negli altri paesi dell’Ue, dicono Zsófia Moldova ed Erika Farkas del Comitato Helsinki Ungherese.
Nei primi tempi in carcere Ilaria “viene trattata come un animale: vestiti maleodoranti tenuti per 35 giorni senza possibilità di cambiare nemmeno la biancheria intima”, prosegue Tizi. “Le hanno dato un paio di stivali col tacco a punta che non erano nemmeno del suo numero. In aula, per la convalida dell'arresto, è stata portata con un guinzaglio e con le gambe legate da catene”, prosegue Tizi. “Per i primi otto giorni non aveva nemmeno il necessario per lavarsi. Aveva le mestruazioni ma non aveva gli assorbenti e nemmeno la carta igienica. Poi è stata messa in cella con un'altra detenuta ungherese che per pietà le ha prestato la carta igienica. Stiamo parlando di qualcosa di orribile e indegno di un paese civile davanti al quale il nostro governo avrebbe dovuto quantomeno avanzare una protesta ferma”.
I contatti con la famiglia ora ci sono, telefonici e via Skype. “Stiamo mettendo insieme tutta una serie di elementi che servono per il processo e per il resto”, racconta il papà all’ANSA alla vigilia del processo.
Il 23 gennaio 2024 ha incontrato a Roma il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. “Ci sono delle evoluzioni sulle modalità che potrebbero consentire di riportare Ilaria in Italia, per cui stiamo parlando di questi dettagli tecnici. Finalmente, dopo tutta questa penosa situazione che si è venuta a creare, mi sembra che ci sia un concreto interesse da parte del governo a trovare una soluzione. Ci sono un po' di divergenze sulle modalità, ma se c'è buona volontà, sono sicuro che una soluzione si troverà”.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha spiegato, a inizio gennaio, che l’ambasciata ha sempre lavorato accanto alla famiglia dando fin da subito tutto il supporto necessario. E a metà gennaio il titolare della Farnesina ha incontrato a Bruxelles il suo omologo ungherese Peter Szijjarto a cui ha chiesto per Salis "un trattamento rispettoso delle regole e della dignità della persona, eventuali soluzioni alternative alla detenzione".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA