E' morto oggi a 93 anni Ovidio
Marras, il pastore che bloccò il cemento a Capo Malfatano
impedendo la costruzione di un mega resort di lusso in riva al
mare in un tratto fra i più belli e incontaminati della costa
sud-occidentale della Sardegna. Per farlo il gigante immobiliare
aveva deviato l'antico stradello del suo podere, innescando una
causa che rimanda a Davide e Golia, vinta alla fine dal caparbio
allevatore, che si è spento in paese, a Teulada, dove si era
ritirato a casa della famiglia perchè le condizione di salute
non gli consentivano di restare in campagna.
Affiancato da Italia Nostra Ovidio portò in tribunale la
Sitas (Società iniziative agricole sarde), acronimo dietro al
quale tiravano le fila i gruppi Benetton, Toti e Caltagirone,
praticamente il gotha del settore finanziario-immobiliare
italiano, che con il supporto di Monte Paschi Siena avevano
puntato gli occhi su una delle aree marine più belle dell'Isola,
tutelata da stretti vincoli paesaggistici.
Il gran rifiuto di Ovidio risale al 2010 quando rifiuta cifre
spaventose per cedere la terra di famiglia alla Sitas: "Guardate
- disse risoluto - che io non vendo, questa è la terra di mio
padre e del padre di mio padre e me la tengo e voi qui intorno
non avete diritto di costruire".
Nel 2018 la società viene dichiarata fallita dal tribunale di
Cagliari. A chiedere il fallimento erano state alcune imprese di
Teulada, coinvolte nella costruzione del resort a 312 metri
dalla battigia di Malfatano-Tuerredda, destinato alla gestione
del gruppo Marcegaglia e abbandonato dopo lo stop ai lavori
seguito alle vittorie giudiziarie del vecchio Ovidio e di Italia
Nostra. La sua storia ha fatto il giro del mondo: di lui si
occupò anche il New York Times.
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