Dopo 16 anni dall'avvio dell'indagine
arriva l'assoluzione anche in appello per Pier Domenico Garrone,
ex presidente di Enoteca di Italia, che era accusato di
bancarotta fraudolenta in relazione alla gestione dell'Ente. Lo
hanno deciso i giudici della Corte d'Appello di Roma che hanno
dichiarato inammissibile il ricorso presentato dall'allora pm
capitolino Stefano Rocco Fava, confermando l'assoluzione con la
formula "perché il fatto non sussiste" già pronunciata dalla
sentenza di primo grado nel 2017.
L'indagine era stata avviata nel 2005 ed era relativa alla
natura di alcune fatture. Gli accertamenti hanno riguardato poi
il crac di Buonitalia, società che aveva assorbito Enoteca
Italia, avvenuto nel 2013, otto anni dopo le dimissioni di
Garrone, difeso in giudizio dall'avvocato Fabio Pier Giorgio
Criscuolo.
"Con la decisione arrivata oggi, a distanza di tanti anni,
viene sancito che la gestione dell'ente da parte mia fu corretta
e non ci fu alcun tipo di illecito. Non posso che dichiararmi
soddisfatto di questa sentenza", commenta Garrone. Oggi la Corte
di Appello di Roma ha confermato l'assoluzione per tutti gli
imputati del processo "Enoteca d'Italia" dichiarando
inammissibile l'appello di Fava nel frattempo sostituito.
"Rifarei tutto perché tutto è sempre stato fatto con terzietà
di interesse - aggiunge il manager, fondatore de Il Comunicatore
Italiano e con ruoli ricoperti anche in Aeroporti di Roma e
Regione Piemonte -, assenza di conflitti di interesse, per
l'interesse pubblico e generale del settore vitivinicolo di
Acqui Terme, della Regione Piemonte, del Governo Berlusconi che
mi aveva nominato. Carta dei Vini dell'Enoteca d'Italia e così
del Piemonte resta ancora oggi un modello di promozione di
successi".
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