Oggi sono 11 anni dalla morte di
Daniele Franceschi, il 36enne carpentiere di Viareggio che morì
mentre era detenuto nel carcere di Grasse (Francia) il 25 agosto
2010. La madre, Cira Antignano, continua ancora a chiedere che
fine abbiano fatto gli organi del figlio. "L'unico scopo della
mia vita ormai è questo", afferma. Malgrado le promesse da parte
del governo francese e le sue visite nel paese d'Oltralpe, ad
oggi non è riuscita ad ottenere quanto richiesto. La salma del
figlio arrivò in Italia dalla Francia priva degli organi
interni.
Sulla vicenda ritorna anche l'avvocato Aldo Lasagna, che ha
curato gli interessi della famiglia nel corso degli anni. "Ci
sono stati purtroppo numerosi misteri, ambiguità, reticenza da
parte dei francesi e tante zona d'ombra che contornano a
distanza di questi anni l'angosciosa vicenda", sostiene il
legale. A turbare lo stato d'animo di mamma Cira è poi una
lettera anonima che ricevette nel 2020 e in cui si ipotizzava un
macabro espianto di organi della salma.
Per la morte di Daniele Franceschi, furono condannati dal
tribunale di Grasse in primo grado per omicidio involontario
(l'equivalente dell'omicidio colposo dell'ordinamento italiano)
ad un anno di reclusione e di interdizione della professione, il
medico del carcere Jean Paule Estrade, che poi non presentò
appello, e l'infermiera Stephanie Colonna, assolta quest'ultima
in appello. Un'altra infermiera, Francoise Boselli, è stata
assolta in primo grado.
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