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Ex internato, persi pensione per burocrazia

Ex internato, persi pensione per burocrazia

"A Buchenwald, ma il foglio matricolare non fu aggiornato"

PERUGIA, 27 gennaio 2021, 19:24

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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"Arrivai al campo di concentramento di Buchenwald e capii che ero giunto all'inferno, scesi dal camion e mi ritrovai i morti sotto i piedi. Ma tutto quello che ho passato non mi è stato mai riconosciuto. Il mio foglio matricolare non venne mai aggiornato con la prigionia e così la pensioncina di guerra che mi era stata data mi fu tolta e non l'ho mai più ripresa": così Giuseppe Frosoni, all'epoca ottantacinquenne, raccontava in un video girato nel 2006 dentro le stanze del comune di Castel Viscardo, la sua storia di internato in uno dei campi nazisti più grandi della Germania tra la fine del 1943 e il luglio del 1945. A distanza di 15 anni, il sindaco Daniele Longaroni, in occasione del Giorno della Memoria, ha voluto ricordare quell'intervista con Frosoni, che è venuto a mancare nel 2009.
    Lo ha fatto inviando all'ANSA il documento filmato, spiegando "quanto siano importanti certe testimonianze, anche postume alla morte dei diretti protagonisti, proprio per non dimenticare e per scacciare ogni tentativo di revisionismo storico".
    Nei 24 minuti di registrazione Frosoni ripercorre tutti i drammatici momenti vissuti, a cominciare da quando venne fatto prigioniero in Albania il 20 novembre del 1943, a quando tornò a Castel Viscardo il primo agosto del 1945. In mezzo tanti racconti che facevano scendere le lacrime sul viso dell'anziano: "Sull'ingresso del campo c'era scritto che da lì non doveva uscire alcuna testimonianza, noi eravamo soltanto dei numeri e il nostro destino non era altro che la morte".
    Giuseppe ricordava ancora il suo numero di matricola - il 19.646 - e lo pronunciava anche in tedesco, facendo assumere a quel numero un suono funesto.
    Tra le memorie del filmato spiccano quelle in cui l'ex prigioniero raccontava di aver visto "ogni giorno carrettoni pieni di morti". "Passavano - diceva - tutti i minuti e le ciminiere dei forni crematori erano sempre in azione".
    Una volta tornato a casa iniziò la sua seconda personale "guerra" con lo Stato italiano, come ricorda ancora la cognata di Frosoni, Nicolina Mattioli che, all'ANSA, racconta quanta sofferenza provocava in Giuseppe il fatto di non essersi vista riconosciuta la pensione di guerra.
   

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