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Iran, la polizia nega di aver sparato sulla folla

All'indomani di una giornata di protesta in molte città per l'abbattimento dell'aereo ucraino

"La polizia iraniana non ha sparato sui manifestanti": Mentre nella Repubblica islamica non si placa la rabbia per il disastro del Boeing ucraino e le "bugie" del regime sul suo abbattimento, Teheran respinge le accuse di aver aperto il fuoco sugli studenti scesi in piazza. Agli agenti "è stato al contrario ordinato di moderarsi", ha sostenuto il capo della polizia nella capitale, Hossein Rahimi, dopo che neppure due mesi fa le proteste scoppiate contro il caro benzina erano state duramente represse, provocando secondo Amnesty International più di 300 morti e migliaia di feriti. Oggi il governo di Hassan Rohani è tornato anche a negare di aver mentito deliberatamente al suo popolo e al mondo.

"Alcuni responsabili sono stati accusati di menzogne e tentativi di insabbiamento, ma in tutta onestà non è stato così", ha detto il suo portavoce Ali Rabiei, promettendo d'ora in avanti "trasparenza fino in fondo". Semplicemente, ha spiegato, chi negava che un missile fosse costato la vita alle 176 persone a bordo del volo PS752 della Ukrainian International Airlines non era stato messo al corrente dei fatti. "Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e alcuni altri Paesi stranieri cercano di cavalcare l'onda e manipolare le manifestazioni", ha quindi accusato il portavoce. Nelle ultime ore la tensione è salita in particolare con Londra, dopo il fermo temporaneo sabato dell'ambasciatore britannico. Teheran l'aveva poi convocato accusandolo di comportamento "inappropriato" per essersi recato tra i manifestanti all'università Amir Kabir. Oggi è stato invece l'ambasciatore iraniano a Londra a essere convocato dal Foreign Office. Downing Street ha ribadito di considerare l'episodio una "inaccettabile" violazione delle convenzioni diplomatiche, chiedendo spiegazioni esaurienti e rassicurazioni. Anche la Germania invita la Repubblica islamica a garantire che i cortei si svolgano "in modo pacifico, libero e senza ostacoli".

Manifestazioni che in Iran sono proseguite per il terzo giorno di fila, nonostante le rigide misure di sicurezza. Gli studenti si sono radunati negli atenei Sharif e Alzahra della capitale e in quello industriale di Isfahan. Una protesta che si allarga anche al mondo della cultura. Importanti registi come Massud Kimiai hanno rinunciato con i membri della giuria a partecipare al Festival internazionale del cinema Fajr di Teheran, mentre i noti cantanti Ali Reza Qorbani e Ali Reza Assar hanno cancellato i loro concerti di questi giorni. Continua anche lo scambio di accuse con gli Stati Uniti. "L'Iran non si fida di avere colloqui con il presidente Donald Trump", ha ribadito il governo di Teheran, che oggi ha anche dato il via libera alla legge che designa le forze Usa come "terroriste". Sulla strada della de-escalation pesano anche le indiscrezioni dei media americani sull'uccisione di Qassem Soleimani, cui Trump avrebbe dato l'ok già sette mesi fa. Una ricostruzione che smentisce la versione dell'amministrazione, secondo cui il generale dei Pasdaran è stato assassinato perché stava per compiere un attacco contro ambasciate Usa.

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