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San Lorenzo, l'ex enclave rossa senza più anima - FOTO E VIDEO

Era quartiere simbolo Resistenza, restano movida e spacciatori

Sul muro di via degli Equi, 50 metri dopo il palazzo distrutto a metà dalle bombe del '43, la metamorfosi del quartiere è in una scritta di 6 parole, "più Tony Iwobi meno Toni Negri": il primo è l'unico senatore di colore della Lega, che Matteo Salvini ha voluto quattro anni fa alla guida del dipartimento immigrazione; il secondo è il fondatore di Potere operaio e tra i leader storici dell'Autonomia operaia degli anni settanta che proprio in queste strade mise le radici. San Lorenzo aveva smesso di essere il cuore rosso di Roma molto prima che la storia della povera Desiree esplodesse. Ma perdendo la sua identità ha perso anche l'anima, sacrificata al business della movida e degli alloggi-pollaio per studenti.

"Quindici anni fa una casa in affitto costava 200 euro - dice il macellaio di via dei Volsci - oggi con 500 ti danno un lettino". Così il divieto di consumo di alcol alle 21 annunciato dalla Raggi potrà forse cancellare gli schiamazzi fino a notte fonda ma non la mancanza delle botteghe artigiane; e le ruspe invocate da Salvini potranno forse far sparire il degrado che si vede, i capannoni abbandonati regno dell'illegalità ma anche rifugio degli ultimi, non quello che sta divorando il quartiere da dentro: l'assenza di un tessuto sociale. Eppure l'anima di San Lorenzo è sempre stata chiara. Ed era quella di un quartiere popolare e di sinistra che ha accolto artigiani, fabbri, manovali; ferrovieri e infermieri.

"La prima volta che c'ho messo piede era il 1961 - dice Elio al bancone del ferramenta in via dei Sardi - c'erano le famiglie, il mercato, i tornitori e i marmisti. La sede del Pci a via Latini ogni giorno riuniva la gente in assemblea per ascoltare quali fossero i problemi del quartiere. Oggi di tutto questo non c'è più nulla. Non c'è niente". I vecchi e le cronache della città concordano nel ricordare come il rione fu l'unico a respingere i fascisti che marciavano su Roma. I cittadini si schierarono con gli 'Arditi del popolo' e dai tetti volò di tutto in testa alle camice nere. E l'antifascismo come collante è anche il valore rivendicato sulle targhe che ricordano a piazzale Tiburtino il bombardamento del 19 luglio del 1943.

"Gloria imperitura ferma nel marmo e nei cuori, il popolo di San Lorenzo ai martiri della lotta contro l'oppressione fascista e l'invasore tedesco". Ma di tutto questo restano, appunto, le tracce sui muri. Come quella in via dei Volsci che ricorda Orfeo Mucci, "comandante della formazione partigiana bandiera rossa". La targa è proprio sopra l'ingresso del bar Argent, dove Patrizia sta guardando in diretta Facebook l'arrivo di Matteo Salvini. "Prova ad andare in piazza, vedi se puoi camminare tranquillo, se non te scippano, se non te fermano per darti la droga. Io alle 6 apro il bar con 'sti ubriachi rompicoglioni che dormono qua davanti, non siamo più liberi di niente co 'sti zozzi neri".

Gli spacciatori neri sono il problema, ma la rabbia della gente è ancora più forte verso le istituzioni che hanno lasciato fare sotto gli occhi di tutti. "Desiree è il nostro secondo martire, il primo è San Lorenzo, ucciso dalla mancanza di Stato - dice Emanuele Venturini del comitato di quartiere - Questo posto era una bomba ad orologeria ed ora è esplosa. Per anni è stato veicolato che qui tutto era possibile. E questi sono i risultati". Ai quali va aggiunta l'espulsione dal quartiere dei cittadini di un tempo. "Siamo rimasti in dieci 'sanlorenzini' - ancora il macellaio di via dei Volsci - il resto sono studenti e bengalesi. A entrambi non frega nulla di quello che succede". A via dei Taurini c'era la sede de L'Unità. Era un palazzo 'autonomo': all'ultimo piano c'erano il barbiere e la mensa, sotto l'ambulatorio medico, al primo piano il bar. E all'ingresso uno sportello con i bastoni: quando scattava l'allarme cronisti e tipografi scendevano per difendere il giornale, dai fascisti prima e da autonomi e Br dopo. Di quella storia oggi non c'è più traccia mentre a cinquanta metri dal palazzo ci sono due wine bar e un negozietto etnico di quelli che Salvini vuole chiudere alle 21.

"Io non sono certo razzista, ma ci sono tanti stranieri che spacciano, che litigano tra di loro, a chiunque chiedono se vogliono droga, fanno commenti pesanti sulle ragazze - ragiona Gianluca Basili nella libreria 'Equi' - Sono persone arrabbiate che fanno di tutto, è evidente che non hanno nulla da perdere. Ma il problema non sono solo loro, o la movida. Qui c'è da tempo un degrado che è fuori controllo". La dottoressa Maria Pinchetti, nella farmacia a piazza Immacolata, il centro dello spaccio, conferma sconsolata.

"E' tutto alla luce del sole, sono sempre loro, ad ogni ora del giorno. Ogni tanto li prendono e dopo due ore ritornano, ci sono extracomunitari ma anche italiani. Da una certa ora in poi la gente non ci passa più qui, le mamme sono andate via, è diventato un quartiere invivibile". Tutto alla luce del sole, come il via vai di ragazzi al bar Celestino in via degli Ausoni, aperto fino a notte fonda. A due passi hanno attaccato una serie di cartelli sui muri. "Vogliamo - dicono - un quartiere pulito, sicuro, senza caos, chiasso, schifo notturno, degrado, latrina. San Lorenzo vuole vivere". E tornare ad avere un'anima.

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