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Tibet: il "demone" anti-Dalai Lama che piace a Pechino

Dorje Shugden, "esponete sui monasteri la bandiera cinese"

(di Beniamino Natale)

Bandiere cinesi sui monasteri e culto obbligatorio di Dorje Shugden, la controversa divinita' che e' stata "scomunicata" dal Dalai Lama, numero uno del buddhismo tibetano e avversario politico di Pechino. Queste le ultime novità della campagna ideologica lanciata dal governo cinese in Tibet in un momento di grande tensione.
    La Regione Autonoma del Tibet e molte aree tibetane in altre province della Cina sono chiuse al resto del mondo da sette anni e almeno 137 tibetani si sono dati fuoco per protesta contro la "repressione" e il "genocidio culturale" che sarebbe in corso.
    Sullo sfondo aleggia la polemica sulla prossima reincarnazione dello stesso leader del buddhismo tibetano.
    In un editoriale pubblicato da molti media filogovernativi, il segretario del Partito Comunista del Tibet Chen Quanguo ha scritto che i monasteri buddhisti devono esporre la bandiera cinese per dimostrare il loro "patriottismo". Nelle ultime settimane, le organizzazioni di esuli tibetani hanno protestato anche per una direttiva del governo cinese che ordina ai monaci di promuovere Dorje Shugden, uno dei "protettori" o "demoni" della tradizione tibetana il cui culto è stato vietato dal Dalai Lama. Il leader tibetano ha accusato i seguaci del "demone" di aver creato un gruppo politico integralista dal punto di vista religioso e politicamente filocinese. Secondo la Campagna Internazionale per il Tibet (www.savetibet.org), il partito comunista del Tibet ha diffuso il 20 febbraio scorso un documento nel quale si sostiene che deve essere dato "un alto grado di importanza" al problema di Shugden dato che si tratta di "un ingannevole complotto della cricca del Dalai Lama per dividere il Paese". La Campagna denuncia una serie di azioni repressive contro tibetani che si sono opposti al culto di Shugden in nome della fedeltà al Dalai Lama.
    Alcuni, come il commentatore L.Troiano sulla rivista online The Fielder (www.thefielder.net), hanno sostenuto che la prossima reincarnazione del Dalai Lama potrebbe essere identificata da Pechino in un seguace della controversa divinità. Nei mesi scorsi lo stesso Dalai Lama, che ha 80 anni, ha affermato che potrebbe decidere di non reincarnarsi, mettendo fine al lignaggio dei Dalai Lama che, ha sottolineato, "dopo 450 anni potrebbe aver fatto il suo tempo". La dichiarazione ha suscitato una reazione rabbiosa da parte di Pechino che ha rivendicato il diritto a controllare il processo della reincarnazione. Padma Choling, presidente filocinese della Regione Autonoma del Tibet, ha sostenuto che la scelta delle modalità della sua stessa reincarnazione "non spetta al Dalai Lama". Nella sua ordinanza n.5, l' Ufficio Affari Religiosi del governo di Pechino afferma inoltre di avere il diritto di identificare le reincarnazioni di migliaia di "saggi" (tulku) tibetani.
    Dorje Shugden è ritenuto la reincarnazione di un guerriero della setta "gelu-pa", quella della quale fanno parte i Dalai Lama, morto nella guerra civile che la oppose alle altre sette buddhiste nel 17/mo secolo e dalla quale uscì vincitrice. I suoi seguaci si sono resi protagonisti di rumorose contestazioni al Dalai Lama e, secondo la polizia indiana, sono anche i responsabili di un triplice omicidio avvenuto nel 1997 a Dharamsala in India. Secondo il buddhista americano Robert Thurman la polemica su Shugden "sarebbe morta molto tempo fa se non fosse che i sostenitori della 'linea dura' del Dipartimento del Fronte Unito della Repubblica Popolare Cinese, l'agenzia incaricata di occuparsi delle etnie minoritarie della Cina, vedono in questo culto un potenziale cuneo che sperano di inserire nei rapporti tra il Dalai Lama il suo popolo e tra lui e l' opinione pubblica mondiale". Thurman aggiunge che Shugden è una divinità "minore, che non è mai stata seguita" dalla maggioranza dei buddhisti tibetani. (ANSA).
   

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