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Papa: Corea, quasi 2 mila km e 11 discorsi

Terzo viaggio internazionale. Giornata gioventù asiatica

Oltre 18.700 chilometri da percorrere; dieci trasferimenti via aerea, due su airbus e otto in elicottero; tempo di volo stimato in circa ventisei ore e mezzo; percorsi cittadini in auto, berlina o jeep. Tutto in sei giorni, da oggi al 18 agosto. In cifre è questo il viaggio di papa Francesco in Corea, il terzo oltre i confini italiani dall'inizio del pontificato, dopo quelli in Brasile e in Terra Santa. Bergoglio va in Corea anche per unirsi alla giornata dei giovani asiatici.

La prima giornata in Corea del Sud
Incontri ufficiali con il presidente signora Park e le autorità e un incontro con i vescovi coreani sono in agenda della prima giornata di papa Francesco nella Repubblica di Corea, dove è giunto dopo un volo di circa 11 ore e dove, alla base aerea della capitale, è stato salutato con tutti gli onori, comprese le salve di cannone. Contrariamente a quanto annunciato in un primo tempo, la presidente signora Park si è recata anche alla base aerea per un primo saluto al Pontefice. Per papa Bergoglio erano schierati anche un picchetto della Guardia d'onore, alcune donne in abiti tipici e due bimbe che hanno offerto fiori all'ospite. Dopo l'arrivo, papa Francesco ha raggiunto in macchina la nunziatura di Seul, dove alloggerà in questi giorni. Lì ha celebrato una messa privata. Alle 15,45 ora locale il Pontefice si recherà alla Blue House, il Palazzo presidenziale della capitale coreana, per la cerimonia di benvenuto e una visita di cortesia al presidente, la signora Park, prima donna coreana a ricoprire questo ruolo, eletta nel dicembre 2012. Subito dopo Papa Francesco incontrerà le autorità e terrà un discorso. Alle 17 si trasferirà nella sede della Conferenza episcopale coreana CBCK, per un incontro con i vescovi del Paese, ai quali terrà un discorso. La giornata si concluderà in nunziatura, intorno alle 19. L'orario di Seul è di sette ore in avanti rispetto all'Italia.

I temi del viaggio
Per il primo viaggio completamente in Asia del suo pontificato, papa Bergoglio ha scelto la Repubblica di Corea (Seul). Fino al 18 agosto sarà in quella Penisola coreana dove esiste ancora la guerra fredda, dove le due Coree sono in stato di guerra dichiarata alternata a proposte di armistizio, dove quasi duecentomila coreani hanno la famiglia separata dal muro invisibile del 38.mo parallelo, dove il Nord fa test nucleari, e il Sud corre al galoppo tecnologico nel futuro ma, come del resto in tutte le potenze economiche asiatiche, il numero dei poveri è alto e la loro condizione disperante.

I due temi del viaggio apostolico - giovani e missione, visto che l'invito è nato dalla Giornata mondiale dei giovani asiatici, che si svolgerà a Daejeon - acquistano un rilievo particolare alla luce della divisione della Penisola. Nonostante le affermazioni ufficiali contrarie, non è abbandonata la speranza che cattolici del Nord possano partecipare singolarmente a una delle messe che papa Bergoglio celebrerà durante il suo viaggio, abbattendo senza clamore quella "cortina di bambù" che divide Seul da Pyongyang. Quella Pyongyang capitale del regime totalitario del Nord, che prima della Guerra di Corea era chiamata la Gerusalemme d'Asia per la presenza di tante religioni, e perché su 600mila abitanti almeno un sesto era cattolico.

Inoltre c'è attesa per le parole di pace e riconciliazione che papa Francesco vorrà pronunciare, e pur senza alcun ingiustificato automatismo, si spera che la presenza del Pontefice apra qualche spiraglio nel cammino di riconciliazione tra i coreani. La Repubblica di Corea ha un Ministero per la Unificazione, promuove una politica di accoglienza e integrazione per i profughi dal Nord e ha presente i problemi ma anche le speranze che possono nascere da una riunificazione. La ferita della Penisola coreana ha ormai 60 anni, quando il 38.mo parallelo fu usato per marcare il confine tra zone di influenza di Urss e Cina da una parte, e Stati Uniti dall'altra.

La Guerra di Corea (1950-1953)
Fu il primo conflittocombattuto interamente in Asia, era scoppiata a causa dell'invasione della Corea del Sud da parte dell'esercito nordcoreano guidato da Kim Il-sung e venne combattuta dagli Stati Uniti su mandato delle Nazioni unite. Il 25 giugno 1950 80mila uomini in armi invasero il Sud, il mondo rimase con il fiato sospeso temendo che il conflitto diventasse globale. Gli Usa e altri 17 paesi intervennero per tentare di liberare il Sud occupato e poi rovesciare il governo nordcoreano, temendo una espansione comunista in quel lembo d'Asia. Mao non intervenne in modo ufficiale nella guerra, ma oltre un milione di cinesi "volontari" affiancarono le truppe del Nord. La cortina di bambù non è meno pesante di quanto fosse quella di ferro: separazione tra un Nord inizialmente più ricco per l'aiuto della politica e delle industrie sovietiche e maoiste, e scivolato oggi in un regime repressivo che impoverisce il suo popolo e un Sud divenuto la quarta potenza economica dell'Asia e un colosso nella tecnologia mondiale. Famiglie divise dal muro invisibile, popoli divisi da condizioni economiche, cultura, esperienze e vita quotidiana. Questo è oggi il retaggio della Guerra di Corea, tappa di una sorta di pellegrinaggio di papa Bergoglio nei luoghi simbolo di guerre, divisioni, conflitti etnici e religiosi, da Seul a Redipuglia, fino all'Albania.


   

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