"Sentivo il cemento che mi schiacciava lentamente la schiena, un dolore folle che aumentava sempre di più. Ho detto a mia moglie 'ammazzami, che è meglio'. Volevo solo morire". Un anno dopo, Alessio Bucci ricorda la notte maledetta con il sorriso, come se non fosse lui quello che doveva e voleva morire tra le macerie dell'Hotel Roma di Amatrice.
Alessio è il figlio del proprietario, Arnaldo. Da sabato 29 luglio è tornato a lavorare: nell'area Food di Amatrice il ristorante Roma ha riaperto, duecento coperti e tavoli sempre pieni. Con la sorella Simona, la moglie Tiziana e gli altri sopravvissuti dell'albergo ha ripreso a servire piatti di Amatriciana, bianca e rossa. "Ho sempre fatto questo – racconta – vivevo in albergo dalla mattina alla sera. Facevo un pò di tutto e non mi stancavo mai".
Il 23 agosto Alessio e Tiziana erano andato a letto tardi, l'ultimo cliente aveva lasciato il ristorante ben oltre la mezzanotte. La loro camera era al primo piano dell’hotel, dove c'erano quelle dei turisti che sono morti. "Dormivo come un sasso, quando è arrivata la scossa non ho capito nulla. Mia moglie è caduta dal letto, io mi sono ritrovato sopra di lei ma non so se è stato perché per istinto ho tentato di proteggerla o perché, tentando di alzarmi, le sono finito addosso".
Alessio e Tiziana restano così per ore. Lei sotto e lui sopra, con il solaio di cemento armato che continuava a premere sulla sua schiena. "Sentivo che mi schiacciava sempre di più, un dolore che diventava sempre più insopportabile. C’era tanta polvere, si respirava a fatica. Non ce la facevo più, non si sentiva nulla. Ecco perché ho chiesto a mia moglie di ammazzarmi". Tiziana lo guarda e scuote la testa. "Non lo avrei mai potuto fare, sentivo odore di sangue e temevo che stesse per morire, solo dopo ho capito che l’odore che sentivo era il gas. Avevo con me una bottiglietta d'acqua e continuavo a dirgli di bere dalle mie mani". Dopo ore di terrore, Alessio e Tiziana sono tornati alla vita. "Ci ha salvato mia cognato e gli altri che lavoravano all'albergo – racconta ancora Alessio – hanno scavato con le mani e ad un certo punto ci hanno trovati. Ricorso soltanto che finalmente sono riuscito a respirare. C'era tanta aria. Prima hanno tirato fuori Tiziana, dopo altre due ore lui. In ospedale a L'Aquila Alessio c'è arrivato in elicottero e ci è rimasto 40 giorni: trauma da schiacciamento, difficoltà renale, tre operazioni alla gamba destra.
"Sono stati bravissimi, scrivilo, mi hanno salvato la vita. Se non ci fossero stati, non sarei qui". Invece c'è. E ha voglia di tornare a vivere. Con la moglie Tiziana ha preso una piccola casa in affitto nella parte di Amatrice risparmiata dal terremoto. "Non me ne vado, sono nato qui, sono sempre voluto stare qui e resterò qui. Sono convinto che Amatrice tornerà più bella di prima, anche se ci vorrà tempo e sarà difficile. Ma dobbiamo rimanere tutti insieme, restare uniti, perché solo così ce la potremo fare". E magari pensare anche ad un figlio. "Non lo so. Però una cosa te la posso dire. E' stato meglio che non li avevo. Altrimenti sarebbero morti".