La foresta di Birribaida si
estendeva da Campobello di Mazara, sino a Menfi, tra il
trapanese e l'Agrigentino: la volle Federico II di Svevia come
riserva di caccia ma anche luogo per accogliere diversi ordini
monastici che avevano ruoli di collaborazione e supporto alle
attività dell'Imperatore. Una distesa a vista d'occhio in età
medievale, con querce da sughero, alberi di carrubo e un
sottobosco ricco e fitto che attraversava le Latomie, l'attuale
Parco archeologico di Selinunte, e arrivava sino alla valle
attraversata dal fiume Belìce e l'agro dell'attuale paese di
Menfi. Nei secoli la foresta è scomparsa e quei terreni sono
stati riconvertiti a uliveto e vigneto. Tra i pochissimi resti
di quella storia, una delle macchie di bosco rimasta ancora
fitta di vegetazione si trova in contrada Bresciana a
Castelvetrano: 1,6 ettari di querce da sughero, dove ciò che
rimane del bosco viene tutelato e curato dalla famiglia Asta,
proprietaria dal 2005.
"Non è strano trovare questa macchia lì che non è altro che
ciò che resta di vecchissimi alberi della foresta di Federico
II", spiega l'architetto Giuseppe Salluzzo, co-autore del libro
"Bellumvider: La Reggia di Federico II a Castelvetrano". Enormi
querce da sughero, lentisco, biancospino, alberi di pero
mandorlino, olivi selvatici, sorbi, meli selvatici e una fitta
vegetazione da sottobosco. "Quando mio papà ha comprato i 4
ettari della tenuta, qualcuno gli consigliò di estirpare tutto e
piantare ulivi - racconta Nicolò Asta, 39 anni, figlio di
Aurelio - ma noi, invece, abbiamo voluto mantenere questo pezzo
di bosco dove camminandoci dentro si ascolta la natura".
Quello che oggi forma questa macchia mediterranea sono le
querce che negli anni sono cresciute rimpiazzando quelle che,
nel frattempo, erano morte. Un rinnovarsi senza che l'uomo abbia
interrotto questo ciclo naturale. Nicolò Asta, agricoltore per
passione ed esportatore nell'Est europeo di prodotti siciliani,
in questi anni ha tutelato le querce da sughero del bosco. "La
corteccia racconta la storia di ogni pianta - spiega Nicolò Asta
- e noi facciamo decorticare gli alberi ogni 7/9 anni da squadre
di scorzini che vengono dalla Sicilia Orientale, per raccogliere
il sughero da destinare poi al mercato, seppur è poco
redditizio". Chissà se già ai tempi di Federico II il sughero
veniva raccolto.
"A controllo della foresta federiciana c'erano tre castelli -
racconta ancora l'architetto Salluzzo - turris Burgimillus
(Menfi), castrum Bellumreparum (Birribaida, Campobello di
Mazara), castrum Bellumvider (Castelvetrano)". Erano residenze
di caccia inserite nel sistema dei castra exempta, ossia i
castelli sotto il diretto controllo dell'imperatore.
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