In Sicilia arriva il Codice
identificativo regionale (Cir) delle attività ricettive e delle
locazioni brevi a fini turistici. Lo introduce un decreto
firmato dall'assessore regionale al Turismo Manlio Messina.
"Con l'entrata in vigore del Cir anche in Sicilia - ha
sottolineato Messina presentando l'iniziativa al PalaRegione di
Catania - daremo un duro colpo all'abusivismo che sino ad oggi
ha penalizzato chi fa turismo entro gli argini dell'onestà e
della legalità. Era una misura di cui si parlava da almeno un
decennio e noi l'abbiamo realizzata. Il Cir permetterà di avere
finalmente un quadro completo dell'offerta ricettiva regionale
e, infatti, contiamo su una emersione importante di realtà che
non operano in piena trasparenza. Nel decreto sono previste
sanzioni anche per i portali di agenzie di viaggio che daranno
spazio a strutture sprovviste del codice e quindi per noi
abusive".
"Oggi - ha detto il presidente di Federalberghi Sicilia, Nico
Torrisi - è una giornata storica. Da molti anni denunciamo il
fenomeno dell'abusivismo. Ringraziamo l'assessore Messina che ci
ha dimostrato, con i fatti, la concretezza di un provvedimento
che consentirà finalmente di poter mettere delle regole chiare".
Il Cir verrà attribuito dal sistema di gestione dei flussi
turistici "Turist@t". Per i titolari scatta anche l'obbligo di
comunicare giornalmente, entro 24 ore dall'arrivo o della
partenza, dei dati relativi agli arrivi e alle presenze, a fini
statistici.
I titolari delle strutture ricettive o degli alloggi in affitto,
nonché chi esercita attività di intermediazione immobiliare o
gestisce portali telematici o siti web, sono tenuti a pubblicare
il codice Cir di ogni struttura negli annunci, nelle pubblicità
e nelle prenotazioni. L'obbligo riguarda qualsiasi mezzo
promozionale, anche le piattaforme ospitate da server che si
trovano all'esterno dell'Ue. I titolari delle strutture
ricettive dovranno adempiere a quanto disposto dal decreto
assessoriali entro 30 giorni dal rilascio del Cir da parte della
Regione. Chi non adempie rischia una sanzione da 500 a 5mila
euro.
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