Il "male oscuro" del carrierismo
ha minato la credibilità della magistratura. Proseguire la
ricerca di mandanti esterni alle stragi del 1992. Sono le linee
dell'intervento che Nino Di Matteo ha svolto all'inaugurazione
dell'anno giudiziario a Palermo in rappresentanza del Csm di cui
è componente.
Di Matteo ha sottolineato che proprio da questo distretto,
dove è stato in servizio per 18 anni, è partita dopo le stragi
una "splendida reazione che ha trasformato Palermo in un
avamposto di libertà". E per questo spirito di "orgoglioso
riscatto" ha rappresentato "un riferimento anche sociale e
culturale per quella parte di paese che non si rassegna al
predominio di metodi prevaricatori nella gestione del potere.
Bisogna opporsi - ha ripetuto - all'oblio, all'appiattimento a
logiche improntate al quieto vivere e a un formale efficientismo
burocratico". È venuto il momento, ha sottolineato, di colmare
"lacune di verità" e di tornare a "percepire il Csm come
baluardo contro gli attacchi alla magistratura mossi
dall'esterno e dall'interno dell'ordine giudiziario". L'appello
nasce dal confronto con l'onda lunga, come l'ha definita, "dei
ripetuti scandali emersi a partire dall'inchiesta della Procura
della Repubblica di Perugia" sul caso Palamara. Sono affiorate
così situazioni che "rappresentano l'epilogo di un malessere
risalente nel tempo, uno spaccato di una patologia che si è
diffusa come un cancro con la prevalenza di logiche di
clientelismo, appartenenza correntizia o di cordata,
collateralismo con la politica". Queste logiche sarebbero state
alimentate anche fuori dal Csm con il "comportamento di troppi
magistrati pervasi dal male oscuro del carrierismo" e "tutto
questo ha comportato inevitabile discredito per tutta la
magistratura".
"Stiamo vivendo - ha aggiunto Di Matteo - una profonda crisi
di credibilità nella quale parte del potere politico, economico,
finanziario vuole oggi approfittare per avviare un vero e
proprio regolamento di conti contro quella parte di magistratura
che ha inteso esercitare a 360 gradi il controllo di legalità".
Per Di Matteo si tratta di "un regolamento di conti con chiare
finalità di vendetta".
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