Su 81 parchi archeologici censiti dall'Istat, ben 54 sono dislocati in Sardegna. "Si tratta di un paesaggio culturale che ancora oggi è contraddistinto da evidente unicità", spiega Michele Cossa (Riformatori), firmatario con i consiglieri Aldo Salaris, Alfonso Marras e Giovanni Antonio Satta di una mozione perché il paesaggio dell'Isola sia inserito nella lista dei Paesaggi Unesco che appartengono a tutti i popoli del mondo.
I Riformatori chiedono al presidente della Regione Christian Solinas di impegnarsi ad attivare le procedure opportune e in generale a promuovere per una delle regioni più povere d'Europa come la Sardegna un nuovo modello di "buono" sviluppo, in linea con gli indirizzi di sostenibilità ambientale e sociale, di contrasto dei cambiamenti climatici, di efficientamento della società attraverso la digitalizzazione. "La mozione è anche legata al tema dell'Insularità - ha aggiunto Cossa durante un punto stampa organizzato in videoconferenza - infatti noi disponiamo di un patrimonio sconfinato che può diventare veicolo di attrazione turistica straordinaria e le ricadute economiche sarebbero evidenti".
Allo stato attuale, "il 90% di questi beni è abbandonato, in molti casi neanche censito in archivi pubblici, spesso alla mercé di trafugatori di reperti che con la loro azione ne decretano una perdita irrimediabile per le generazioni future e in generale per l'Umanità". L'inserimento nella lista del Patrimonio Mondiale dell'Unesco avviene solo per i siti che a parere del Comitato per il Patrimonio dell'Umanità hanno una particolare rilevanza a livello mondiale. Quello sardo può contare su 3500 Domus de Janas, interi campi e isolati Menhir, necropoli scavate nella roccia viva; circa 10mila torri nuragiche, semplici o complesse, Tombe dei Giganti, di cui residuano circa un migliaio di siti riconoscibili, sacrari federali e una rete di pozzi, fonti e opere idrauliche, denominate sacre nella tradizione. Per i Riformatori, dunque, ha tutte le carte in regola.
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