"Un dittico inusuale, malizioso e nel segno della modernità". Con queste parole il giornalista e esperto di interpretazione operistica Alberto Mattioli ha presentato nel foyer del Teatro Lirico di Cagliari, la Turandot di Ferruccio Busoni e Suor Angelica di Giacomo Puccini.
Le due opere, in scena da venerdì 2 all'11 marzo, danno il via alla nuova Stagione di lirica e balletto, stagione che parte con un segno più sul fronte degli abbonamenti. "La campagna è ancora in corso ma registriamo già un buon incremento rispetto ai numeri dello scorso anno - ha sottolineato il sovrintendente Claudio Orazi - l'obiettivo è raggiungere almeno gli 8000 abbonati tra operistica e sinfonica".
Turandot, rarità musicale che sarà eseguita per la prima volta a Cagliari, e Suor Angelica saranno rappresentate nel nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari, in coproduzione con il Teatro del Giglio di Lucca. "Il Lirico di Cagliari non si smentisce e ancora una volta inaugura la stagione con una scelta originale - ha detto Mattioli all'ANSA a margine dell'incontro - c'è anche forse una scelta intellettualmente divertita nell'affiancare a un grande classico di Puccini come Suor Angelica l'altra Turandot. Non la più famosa, l'ultima opera di Puccini, ma la versione di un collega meno fortunato, meno popolare ma estremamente interessante come Ferruccio Busoni, il grande dimenticato della cultura musicale italiana. Quindi una scelta stimolante dal punto di vista intellettuale".
Mattioli davanti a un pubblico attento e numeroso nel suo intervento appassionante e ricco di spunti di riflessione si è soffermato a lungo sulla Turandot di Busoni: "Un'opera molto diversa dal capolavoro pucciniano, qui c'è un recupero tutto novecentesco della Commedia dell'Arte del Settecento, quindi un teatro molto leggero, molto favolistico, dove le passioni tradizionali del melodramma si stemperano in un'opera profondamente ironica, di altissima qualità musicale e anche teatralmente molto efficace. E proprio questo aspetto ironico e fantastico dell'opera di Busoni è di grande modernità. Ma il prerequisito essenziale per godersela - conclude il critico - è quello di dimenticare Puccini e considerare che la Turandot di Busoni racconta la stessa storia ma è un'altra opera e un' altra musica".
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