Il melone coltivato dai nuragici
in Sardegna era una varietà non dolce, o moderatamente dolce, di
un gusto simile al cetriolo, probabilmente simile ad alcune
varietà locali coltivate oggi solo in ristrette regioni
geografiche del Mediterraneo. E' quanto emerge dalle indagini
morfologiche e genetiche, condotte dall'Università di Cagliari
in collaborazione con la Stazione Consorziale Sperimentale di
Granicoltura per la Sicilia (SSGS) e con l'Instituto de
Conservación y Mejora de la Agrodiversidad Valenciana (COMAV)
dell'Università Politecnica di Valencia sui contenuto dei pozzi
di epoca nuragica, ritrovati nel 2009 nella località di Sa Osa,
in provincia di Oristano.
In Italia questo tipo di meloni viene coltivato ancora
soprattutto in Puglia, dove sono conosciute con decine di nomi,
come carosello, meloncella e cummarazzo. Anche in Sardegna, in
forma meno diffusa, si coltivano tipologie simili, chiamate
facussa o cucummaru, più conosciute con il nome di tortarello o
melone serpente. L'aspetto interessante è che questi dati
concordano con alcune rappresentazioni pittoriche egizie del
terzo millennio a.C. che rappresentano il melone in forma
allungata tipo cetriolo e con la descrizione che ne fanno
Columella e Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. descrivendo il
melone come un ortaggio da consumare in insalata. Rimane ancora
poco chiaro quando e come si selezionarono le varietà da cui si
originarono quelle dolci attuali, anche se si ipotizza che siano
state importate dagli Arabi in epoca medievale, ma le analisi su
questo aspetto sono ancora in corso.
La prima identificazione dei semi contenuti nei pozzi
nuragici di Oristano risale al 2015, quando la Banca del
Germoplasma della Sardegna, struttura facente parte del Centro
Servizi dell'orto botannico dell'Università di Cagliari, in
collaborazione con il Csic di Madrid, l'Ivalsa-Cnr di Sesto
Fiorentino, le Soprintendenze per i Beni Archeologici della
Toscana e della Sardegna e l'Università di Roma La Sapienza,
pubblicarono uno studio che riguardava anche i semi di
melone.
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