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Melone nuragico, non dolce e allungato

Melone nuragico, non dolce e allungato

Nuovo studio ricercatori Università di Cagliari

CAGLIARI, 22 dicembre 2017, 18:21

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il melone coltivato dai nuragici in Sardegna era una varietà non dolce, o moderatamente dolce, di un gusto simile al cetriolo, probabilmente simile ad alcune varietà locali coltivate oggi solo in ristrette regioni geografiche del Mediterraneo. E' quanto emerge dalle indagini morfologiche e genetiche, condotte dall'Università di Cagliari in collaborazione con la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia (SSGS) e con l'Instituto de Conservación y Mejora de la Agrodiversidad Valenciana (COMAV) dell'Università Politecnica di Valencia sui contenuto dei pozzi di epoca nuragica, ritrovati nel 2009 nella località di Sa Osa, in provincia di Oristano.
    In Italia questo tipo di meloni viene coltivato ancora soprattutto in Puglia, dove sono conosciute con decine di nomi, come carosello, meloncella e cummarazzo. Anche in Sardegna, in forma meno diffusa, si coltivano tipologie simili, chiamate facussa o cucummaru, più conosciute con il nome di tortarello o melone serpente. L'aspetto interessante è che questi dati concordano con alcune rappresentazioni pittoriche egizie del terzo millennio a.C. che rappresentano il melone in forma allungata tipo cetriolo e con la descrizione che ne fanno Columella e Plinio il Vecchio nel I secolo d.C. descrivendo il melone come un ortaggio da consumare in insalata. Rimane ancora poco chiaro quando e come si selezionarono le varietà da cui si originarono quelle dolci attuali, anche se si ipotizza che siano state importate dagli Arabi in epoca medievale, ma le analisi su questo aspetto sono ancora in corso.
    La prima identificazione dei semi contenuti nei pozzi nuragici di Oristano risale al 2015, quando la Banca del Germoplasma della Sardegna, struttura facente parte del Centro Servizi dell'orto botannico dell'Università di Cagliari, in collaborazione con il Csic di Madrid, l'Ivalsa-Cnr di Sesto Fiorentino, le Soprintendenze per i Beni Archeologici della Toscana e della Sardegna e l'Università di Roma La Sapienza, pubblicarono uno studio che riguardava anche i semi di melone.
   

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