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Gianluca Grignani, vivo tra il caos e la melodia

In gara a Sanremo, "per perdonare mio padre, e me stesso"

dell'inviata Claudia Fascia ROMA

Una vita sull'ottovolante. Tra successi che hanno fatto la storia, come La mia storia tra le dita del 1994 o Destinazione Paradiso dell'anno dopo, e un percorso personale travagliato. Ma Gianluca Grignani non ha mai mollato la presa, ha toccato il cielo con un dito, è caduto, si è rialzato. Facendo i conti prima di tutto con se stesso e le sue fragilità di uomo. "Ma tendo a non guardarmi mai indietro, i conti vanno bene così e me ne frego di quello che dicono gli altri". Ora torna al festival di Sanremo (dove è già stato sei volte in gara e due come ospite - l'Ultima l'anno scorso in duetto con Irama), con "Quando ti manca il fiato", un brano struggente e intimo in cui riesce a raccontare il difficile rapporto con il padre. "Emotivamente è una canzone molto impegnativa e faticosa per me - racconta il cantautore all'ANSA -, anche per questo l'ho provata poco. Mi sento un un po' come una bandiera al vento: Sanremo è già complicato di suo, anche per uno sgamato come me, così ho alzato ancora di più l'asticella". Guardandosi dentro ancora una volta: "Dove c'è il caos, perché io vivo nel caos. Come tutti, io sono solo andato a visitarlo. Da artista ho messo la luce dove c'è il buio". Sofferta anche nella realizzazione: quasi dieci anni di gestazione per arrivare alla versione di oggi. "E' nata di getto, dopo una telefonata inattesa di mio padre che dopo anni mi chiedeva se sarei andato al suo funerale. Poi l'ho lasciata e ripresa più volte. Qualche tempo fa l'avevo anche già presentata a un festival, ma poi la ritirai perché non ero pronto". Stavolta è stata quella giusta, anche se per un video girato nei giorni scorsi e poi sparito di una vecchia versione del brano, Grignani ha rischiato di essere escluso. "Non ho nessuna responsabilità in ciò che è accaduto. Niente da aggiungere se non che sono sul palco dell'Ariston e il brano è solo mio e cofirmato da Enrico Melozzi che dirigerà l'orchestra per me". Il rapporto con suo padre è la scintilla che ha illuminato il brano, "ma dentro ci sono anche io come figlio e come genitore. Il perdono è il leit motiv per lui e per me. Ho chiesto perdono tante volte, ma non ho mai commesso azioni così gravi da doverlo chiedere più di due volte per la stessa cosa. Ed è anche un pezzo esistenziale: quando ti accorgi che la vita ti può deludere e ti toglie il fiato. Nessuna morale, però, solo una reazione a quello che si prova". La prima volta che gli è mancato il fiato, Grignani la ricorda bene: "avevo 5 o 6 anni e mi resi conto che la vita poteva finire. Ma ogni giorno mi manca il fiato". La felicità è una chimera che sfugge continuamente, "ma non sarei contento di esserlo sempre", dice consapevole di essere e sentirsi diverso, "giusto così, non si cambia per gli altri. La solitudine l'ho cercata, ma se sono ancora qua lo devo alla coerenza della 'massa'". Lui, da genitore di quattro figli, si definisce un "padre spirito". "Quando hanno bisogno sanno che sono qui, in collina a pochi km da loro. Non devo farli sentire in obbligo, far loro pesare che esisto". Ad accompagnare Grignani sul palco del Teatro Ariston ci saranno Salvatore Cafiero alla chitarra e Enrico Magnanini al pianoforte. Nella serata dedicata alle cover, Gianluca Grignani ha chiamato Arisa ("un amore a prima (S)vista. La versione italiana di David Bowie"), con la quale canterà proprio il suo brano iconico Destinazione Paradiso. Una sorta di gabbia dorata in cui è intrappolato da quasi 30 anni? "No, per carità. Anzi. Prima di allora non c'era uno come me nella musica, non c'era un Grignani e forse all'inizio fu difficile comprendere, ma è stato in quel momento che sono entrato nella storia".

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