Baglioni, dopo dittatore ora sono dirottatore

"Festival una Finanziaria con meno danni. Cast è foto di oggi"

Redazione ANSA SANREMO

  L'anno scorso si era autoproclamato dittatore artistico, quest'anno Claudio Baglioni ha scelto per sé un più democratico titolo di "dirottatore" per la sua seconda volta alla guida di Sanremo. "Vorrei prendere la barca del festival e portarla non dove pensiamo che debba andare, ma guidarla altrove alla scoperta di luoghi sconosciuti", dice il cantautore che, dopo le prime resistenze, ormai sembra averci preso gusto nel ruolo del direttore artistico: "Non volevo ritirarmi per un senso di responsabilità.

  Non volevo si pensasse che fosse stata solo una botta di culo". Per il bis ("che in latino significa due volte, ma anche doppio. E dunque non voleva dire solo fare ancora il festival, ma ri-farlo per dargli nuova linfa", spiega), ha spiazzato tutti ancora una volta: da una parte la tradizione con Patty Pravo (nell'incontro generazionale con Briga), Loredana Bertè, Nino D'angelo in coppia con Livio Cori (il rapper sospettato di essere l'incappucciato Liberato). Dall'altra la presenza significativa di giovani (anche in arrivo dai talent a differenza dello scorso anno, "ma non c'era nessuna preclusione, nessun muro. Semplicemente non ci si era incontrati"), come Ultimo, Irama, Federica Carta e Shade, Enrico Nigiotti (oltre a Mahmood e Einar freschi vincitori di Sanremo Giovani e dunque di diritto tra i 24 big); di nomi sconosciuti al grande pubblico ma sulla scena da tempo, come Zen Circus, Motta, Ex-Otago; di rapper come Achille Lauro e Ghemon (nel 2018 l'hip hop era stato completamente assente). A fare da cuscinetto in seta pregiata la generazione di mezzo di Nek, Francesco Renga, Daniele Silvestri, Paola Turci, Simone Cristicchi. A chiudere il quadro Il Volo, Negrita, Arisa, Anna Tatangelo e Boomdabash.

  "E' la fotografia musicale di quello che c'è oggi", precisa ancora Baglioni, che ha lavorato sei mesi alla scelta delle canzoni tra giovani e Big, "quasi il lavoro di una finanziaria, ma con meno danni". "L'ambizione è fare un festival locomotiva, che sia in grado di trainare quello che succede, con un'operazione non di retroguardia, ma di avanguardia, individuando cosa può essere popolare tra qualche tempo.

  L'edizione scorsa mi ha insegnato a essere molto più ricettore, a immergermi nel grande mare della musica italiana. Da veterani ci si ritira dall'ascolto generale, non si è più così al passo con i tempi. Il pop è l'unica musica in movimento e in evoluzione, come la fanteria nell'esercito".

  A voler cercare un filo conduttore tra i brani selezionati, "c'è l'idea di essere figli, padri, nonni: in molti brani c'è come un'esigenza comune di rivolgersi al proprio passato e al futuro, forse per la vaghezza del presente. Artisti come Nek e Renga, trasmettono la sensazione che non ci sia più una generazione così certa di quello che è. Registro uno sfasamento tra anziani nostalgici, ma fuori del tempo, giovani che nel tempo non ci sono ancora entrati. Grande vitalità da Ex-Otago e Negrita, mentre Arisa si presenta in una veste molto curiosa ed eccentrica, tradizione innovazione per Anna Tatangelo". Il festival (che rinnova la sponsorizzazione unica con Tim che assegnerà il premio Timmusic), comunque, sarà una celebrazione della musica italiana, "tra concorso e artisti che verranno a presentare i propri progetti. Gli stranieri? Vorrei marcare il territorio. Mi piace l'idea che si canti, o canticchi in italiano o italiano. Sul modello di Sting e James Taylor dell'anno scorso".

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