Da tre a sei mesi per la consegna un
ausilio alla mobilità: sono i tempi di attesa per il 50% dei
pazienti con disabilità, secondo un'indagine sulle modalità di
erogazione di questi supporti realizzata da Confindustria
Dispositivi Medici e presentata a Bologna al 51/mo Congresso
della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa.
Il 52,2% delle persone che utilizzano ausili, secondo la
survey, non ha ricevuto una valutazione clinica del contesto
abitativo, lavorativo o scolastico nella scelta del presidio,
chesolo nel 19% dei casi è stata fatta al domicilio. Al 43,4%
dei pazienti è stato chiesto di pagare un'integrazione di tasca
propria per la consegna dell'ausilio, nel 41,3% dei casi questa
integrazione era del 10% o più della tariffa del presidio. Per
niente soddisfatto del servizio di fornitura (tempi, procedure
etc) è il 37% degli utenti, mentre il 58,7% lo è invece nella
fase di manutenzione e assistenza tecnica.
L'indagine ha coinvolto, tra gli altri, i pazienti
utilizzatori di ausili sia assistenziali che riabilitativi, che
devono comunque essere verificati, adattati, assemblati sul
singolo paziente, come sistemi posturali, sedie a rotelle
manuali ed elettriche.
"In Italia oltre 3 milioni di pazienti sono alle prese con
procedure per l'approvvigionamento di ausili che impediscono
adattabilità adeguate, tempi celeri e accesso alla migliore
tecnologia possibile con rischi sul percorso di cura e
riabilitazione", ha commentato Alessandro Berti, presidente
Ausili di Confindustria Dispositivi Medici. "Il Dpcm Lea del
2017, sebbene abbia introdotto nuove tecnologie nei livelli
essenziali di assistenza, è fermo a 6 anni fa - ha proseguito -
e con l'introduzione di gare generaliste per l'acquisizione
degli ausili, anche quelli complessi, ha generato un caos che si
ripercuote sull'utente finale: tempi lunghi di attesa del
dispositivo, scarsa appropriatezza del presidio alle reali
esigenze di disabilità e spesso costi extra da pagare di tasca
propria".
Secondo Berti, "non sono minori le difficoltà per le
regioni e le Asl, che per sopperire a queste problematiche (gare
sospese o annullate, mancata adattabilità del presidio) adottano
procedure di approvvigionamento differenti, generando una
situazione non omogenea a livello nazionale e un'iniquità di
accesso alle cure con il conseguente aumento del fenomeno della
mobilità sanitaria". Berti ha infine auspicato una revisione
degli elenchi introdotti nel Dpcm, "che permetta di risolvere la
problematica degli ausili complessi".
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