(ANSA) - BARI, 23 OTT - La chirurgia microinvasiva torna in
primo piano all'Ospedale Miulli grazie all'innovativo intervento
realizzato per una patologia tumorale a partenza appendicolare
(pseudomixoma) associata a un quadro di carcinosi peritoneale.
Ad eseguire questa delicata operazione è stata l'equipe
chirurgica diretta dal prof. Alessandro Verbo, coadiuvato dai
dottori Giovanni Di Palma ed Andrea Madaro, che ha condotto con
successo l'intervento nella parte chirurgia in modalità
mininvasiva. La stessa è stata seguita da una infusione
intraoperatoria chemioterapica conosciuta con il nome di HIPEC,
un trattamento oggi riservato solo ad alcuni centri di
eccellenza selezionati da un comitato scientifico nazionale.
L'eccezionalità del caso, infatti - sottolinea una nota del
Miulli - non consiste solo nel combinare chirurgia e
chemioterapia nell'ambito della stessa procedura ma nella
strategia utilizzata per la bonifica chirurgica. Infatti tutte
le fasi - dalla viscerolisi alla rimozione del peritoneo malato
(diaframmatico destro e sinistro e parietale) alla omentectomia
radicale e alla emicolectomia destra con linfadenectomia estesa
- si sono svolte per via laparoscopica. I riconosciuti vantaggi
della chirurgia mininvasiva, sia in termini di ripresa
post-operatoria che di minor tasso di complicanze, hanno
permesso di dimettere la paziente dopo soli 7 giorni di degenza.
Ogni anno la carcinosi peritoneale, intesa come progressione
dei tumori solidi addominali, colpisce in Italia circa 25.000
persone con un significativo peggioramento sia della prognosi
sia della qualità della vita dei pazienti. La chemioterapia
classica infatti non offre, in tali situazioni, una reale
capacità di contenimento della crescita tumorale.
Di recente è venuto in soccorso a questi quadri di malattia
avanza una nuova metodica indicata con il nome di HIPEC.
L'acronimo HIPEC (chemioterapia intraperitoneale ipertermica) va
ad identificare l'ultima frontiera per il trattamento di alcune
forme di tumori solidi diffusi al peritoneo, precedentemente
considerati non più suscettibili di cura. Si tratta quindi di
una diversa modalità di distribuire i farmaci antitumorali
direttamente nella sede della malattia. Il cocktail di farmaci,
infatti, non viene introdotto per via endovenosa, ma diffuso
direttamente nel peritoneo attraverso un «lavaggio» ad alta
temperatura (41-42 gradi). Il trattamento è preceduto da una
procedura chirurgica che ha lo scopo di asportare tutto il
tessuto tumorale presente in addome. È tollerato alla fine della
procedura chirurgica un residuo tumorale con elementi che non
superino i 2.0 mm di diametro.(ANSA).