Lo stato dell'arte della ricerca
scientifica nell'archeologica subacquea oggi, le tecnologie
utilizzate e le necessità nel settore in Italia. Ma anche i temi
della sicurezza e gli investimenti futuri in innovazione
tecnologica per la dimensione subacquea. Sono stati questi
alcuni dei focus trattati nella prima giornata del workshop
'Forma Maris - Sistemi per la conoscenza e la mappatura del
mondo subacqueo' in corso tra Lecce e Porto Cesareo (dove c'è
un'area marina protetta), e che si concluderà domani.
La manifestazione è promossa da Università del Salento con
Fondazione Leonardo (presieduta da Luciano Violante) e Marina
Militare, nell'ambito del più vasto programma 'Civiltà del mare.
Il subacqueo'. Temi illustrati e di cui si è discusso oggi nel
corso dell'iniziativa in Puglia già presenti nel 'Rapporto
globale sul mondo subacqueo "Civiltà del mare. Geopolitica,
strategia, interessi nel mondo subacqueo. Il ruolo dell'Italia"
realizzato da Fondazione Leonardo-Civiltà delle Macchine e
Marina Militare Italiana, ed in altre iniziative come 'Le
Università per il Subacqueo', divenuto un network a cui hanno
aderito 51 università. Un lavoro sinergico che ha portato anche
alla realizzazione di un ciclo di seminari sulla dimensione
subacquea: quello tra Lecce e Porto Cesareo segue le attività
svolte a Roma e La Spezia.
"Da qui al 2030 - spiega Vincenzo Pisani, responsabile del
coordinamento delle ricerche scientifiche Fondazione Civiltà
delle Macchine - si pensa ad un raddoppio degli investimenti nel
mondo dell'archeologia subacquea e quindi è sempre più
importante investire in risorse per l'innovazione tecnologica ma
anche in competenze, perché il nostro Paese potrebbe avere
tantissimo come ritorno".
"Uno degli elementi che è stato ricordato oggi in riferimento
alla ricerca scientifica subacquea è che bisogna investire tanto
nella mappatura. Ad oggi - aggiunge - conosciamo solo il 20% dei
fondali marini, ed invece ne dobbiamo sapere sempre di più.
Perché più si conoscono e più si riescono a capire questioni
legate a fenomeni come lo tsunami, e quindi la possibilità di
creare forme preventive d'intervento".
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