Lavorano nella cooperativa
sociale Pietra di scarto di Cerignola (Foggia) e stanno seguendo
le fasi della lavorazione agricola prima e poi della
trasformazione agroalimentare. Si tratta di due ex detenuti di
Cerignola che hanno beneficiato del programma di esecuzione
penale esterna una volta giunto il definitivo di pena a seguito
della buona condotta e del percorso seguito in carcere.
Si chiamano Nino e Franco e da ottobre lavorano a Cerignola
nel laboratorio di legalità Francesco Marcone (intitolato al
direttore del registro di Foggia ucciso nel 1995), bene
confiscato alla mafia che la cooperativa gestisce dal 2010. Qui
si coltivano olive, pomodori, orticole, uva e frutta. I due ex
detenuti hanno ottenuto due borse lavoro nell'ambito del
progetto 'In me non c'è futuro' realizzato dalla cooperativa
sociale grazie al finanziamento del bando otto per mille della
chiesa valdese.
Hanno un regolare contratto, rileva Giuseppe Mennuni,
responsabile agricoltura della cooperativa, e percepiscono lo
stipendio previsto dal rapporto lavorativo instaurato. Sono
impiegati per 6 ore e trenta al giorno e attualmente sono
utilizzati per la raccolta delle olive, poi ci sarà la fase
della potatura, quella della concimazione e poi la raccolta del
pomodoro per passare alla fase della trasformazione. "La loro
borsa lavoro - spiega il presidente della cooperativa Pietro
Fragasso - termina a giugno ma certamente prolungheranno il
rapporto lavorativo con noi".
E' importante "dare un futuro ed una leva di prospettiva -
osserva ancora - a chi ha conosciuto esperienze come quelle del
carcere. Lavorare sull'autostima. Fornire una seconda
possibilità. E' fondamentale realizzare esperienze come questa
su un bene confiscato alla mafia, evidenziando quell'anima di
bene comune che luoghi come questo hanno a Cerignola, terra di
mafia - conclude Fragasso - ma soprattutto terra di Giuseppe Di
Vittorio e culla del diritto del lavoro".
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