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Il Prosciutto San Daniele bollato da un sistema Nutri-Score che sembra inaffidabile

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Il Prosciutto San Daniele bollato da un sistema Nutri-Score che sembra inaffidabile

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Responsabilità editoriale di Content Lab

10 dicembre 2019, 15:35

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Un altro possibile scandalo può travolgere gli usi e i consumi a tavola degli italiani: si tratta del bollino Nutri-Score che la Comunità Europea sta valutando di far adottare come metodo ufficiale di etichettatura di qualità dei prodotti alimentari. Un sistema di controllo che però sembra presentare numerose lacune e che potrebbe compromettere il successo in tavola di gran parte dei marchi del nostro Made in Italy.

In cosa consiste il sistema di controllo attualmente in discussione sui banchi europei? Progettato come parte del National Health Nutrition Program, il Nutri-Score è un logo che informa sulla qualità nutrizionale degli alimenti e integra la dichiarazione nutrizionale obbligatoria stabilita dalle normative europee.

Basato su una scala di cinque colori (dal colore verde scuro all'arancio scuro) e a lettere che vanno dalla A alla E, il Nutri-Score ha lo scopo di favorire l'accessibilità e la comprensione della qualità del prodotto da parte del consumatore. Come viene calcolato il punteggio di un alimento? Per classificare ciascun prodotto è stato sviluppato un punteggio che tiene conto, per 100 grammi di prodotto, del suo contenuto nutrizionale diviso in sostanze e alimenti da promuovere da una parte (come fibre, proteine, frutta e verdura) e in nutrienti da limitare (come calorie, acidi grassi saturi, zuccheri o sale). Il punteggio ottenuto da un prodotto consente di assegnare una lettera e un colore specifico e, quindi, di valutarne la bontà dell’alimento in ottica di salute. Con solo poche eccezioni (come tè, caffè, lieviti, ecc.), tutti i prodotti trasformati e le bevande sono sottoposte al vaglio del punteggio Nutri-Score. I prodotti non trasformati, invece, come frutta e verdura fresca non ne sono coinvolti, così come anche le bevande alcoliche.

Negli ultimi giorni l’allerta Nutri-Score sembra si sia abbattuta sul nostro Paese. In Italia, infatti, patria dei buoni salumi e degli ottimi formaggi, è scattato l’allarme del bollino arancione per molti prodotti rinomati. E questo nonostante l’Italia sia il territorio con il maggior numero di prodotti agroalimentari certificati e tutelati, marchi di qualità ottenuti nel corso degli anni a garanzia delle materie prime utilizzate e dell’attenzione verso il consumatore. Prodotti che tutto il mondo ci invidia come, ad esempio, il prosciutto di San Daniele DOP, anch’esso finito nel mirino del sistema Nutri–Score con la certificazione di punteggio D. È noto a tutti che i salumi e i formaggi per il meccanismo di conservazione che li investe siano dei prodotti ad alto tasso di calorie e che il loro uso non possa essere illimitato come quello di frutta e verdura, ma bollare un alimento di qualità come nocivo sembra essere un’esagerazione.

La filiera di produzione del Prosciutto San Daniele, d’altronde, ha sempre avuto a cuore la salute dei suoi consumatori. Con il nuovo piano di controllo, inoltre, sono stati introdotti ulteriori aspetti che garantiscono una maggiore tracciabilità della filiera attraverso una rigida documentazione. Il protocollo di lavorazione dei vari stabilimenti attinenti al consorzio San Daniele è trasparente e regolamentato: si inizia con la pesatura delle gambe del suino (che devono sottostare a delle regole di peso specifiche) e all’eliminazione delle imperfezioni. Successivamente la carne viene ripulita e pressata per 24/48 ore. È quindi pronta per passare alla fase più importante della produzione: la cura del prodotto. È durante questo processo che entra in gioco il microclima dell’aria di San Daniele. Il processo di stagionatura dura almeno 13 mesi, a partire dalla data in cui entra nell'impianto di lavorazione della carne suina. Insomma i dettami sono estremamente rigidi proprio a tutela del cliente e proprio per garantire la qualità sull’operato dell’intera filiera, oltre che delle materie prime prescelte. Tutta questa evidenza, però, sembra essere in disaccordo con l’innovativo regime di controllo nutrizionale, ovvero il sistema Nutri–Score, che assegna una D al prodotto DOP.

Abbiamo detto che tenuto conto dei parametri considerati dall’etichettatura Nutri–Score, tutti i prodotti alimentari vengono bollati secondo una scala che oscilla fra il colore verde e la lettera A, ovvero prodotti che godono del lasciapassare sulle nostre tavole, a quelli di colore rosso e con la lettera E da cui si farebbe bene a stare alla larga. Arancione è un allarme, sia per numero di calorie che per contenuto di grassi, sale e zuccheri.

Il problema però è che, nonostante il modello Nutri–Score nasca con un obiettivo di comunicazione realmente lodevole, ovvero quello di rendere decifrabile ai consumatori le complesse etichette di contenuto sugli alimenti e consentire una scelta di qualità, qui c’è un evidente rischio di creare inutile allarmismo e penalizzare il consumo di alimenti che già sono di qualità.

Quale sembra essere la falla principale del sistema Nutri–Score? Il sistema di certificazione non sembra tener conto di un principio tanto elementare quanto fondamentale che è però alla base di ogni alimentazione di salute, ovvero che è la dose in sé ad essere nociva. E’ questa indicazione che dovrebbe essere condivisa e che è relativa alle quantità che è possibile consumare di un determinato prodotto prima che possa essere riconosciuto come nocivo per la salute, al netto, quindi, dei suoi valori nutrizionali.

Il sistema Nutri-Score sembra tralasciare, invece, le variabili del contesto di consumo e delle abitudini alimentari favorendo, invece, il diffondersi di un pregiudizio (generalizzato) sulla bontà di un determinato alimento certificato dal Made in Italy.

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