Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.
Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.
In evidenza
Extra
PressRelease
PressRelease
Responsabilità editoriale di PRIMA PAGINA ITALIA
PressRelease - Responsabilità editoriale di PRIMA PAGINA ITALIA
I dati 2016-2017 delle Rilevazioni Nazionali degli apprendimenti INVALSI nelle scuole elementari italiane rivelano che gli alunni anticipatari, ovvero i bambini che vanno in prima elementare a cinque anni, mostrano punteggi in italiano e matematica inferiori a quelli dei loro compagni andati a scuola a sei anni, con un gap che in molti casi si prolunga fino alle scuole superiori.
Secondo la legge attualmente in vigore nel nostro Paese, i genitori possono scegliere di iscrivere alla prima classe della primaria i bambini che compiranno i sei anni entro il 30 aprile dell’anno successivo.
Questa scelta nasce prevalentemente da considerazioni di carattere socio-culturale: in parte è legata all’idea dei genitori di evitare un quarto anno di scuola materna per uno scarto di qualche mese se i bambini hanno iniziato precocemente la scuola dell’infanzia, in parte viene caldeggiata dalle stesse insegnanti che - nel timore che il bambino possa annoiarsi – lo considerano pronto al salto. Un altro fattore che spinge le famiglie a questa decisione è la possibilità di guadagnare un anno per entrare prima nel mondo del lavoro. Una motivazione meno esplicita è connessa “alla tendenza di considerare che se un figlio va prima a scuola, il merito è di tutta la famiglia perché così dimostra la sua intelligenza” (Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta, direttore IdO, Roma).
Spesso in realtà vengono sottovalutati i rischi connessi ad un passaggio prematuro alla scuola primaria:
Spendiamo una parola sull’importanza del gioco in questa fascia di età. Gli studiosi sono concordi in proposito: l’attività ludica guidata dall’adulto stimola e mobilita la messa in campo delle migliori energie cognitive del bambino; attinge inoltre a quella che essi definiscono motivazione intrinseca all’apprendimento. A questa età il gioco rappresenta quindi una sorta di ideale “palestra” naturale, in cui il bambino si sente libero e desideroso di sperimentare le proprie conoscenze e le sue personali abilità, anche in relazione a quelle possedute dai compagni. La scuola dell’infanzia diventa quindi un contesto privilegiato per favorire nel gioco lo sviluppo di nuove competenze, ancora meglio se lo fa nel piccolo gruppo, che funge da catalizzatore della motivazione e costituisce un valore aggiunto per l’apprendimento in questa fase evolutiva. In neuropsicologia si parla di “finestre di opportunità”, ossia di periodi cruciali per lo sviluppo delle abilità nel bambino, e tanto per la maturazione dei prerequisiti della letto-scrittura che per il potenziamento dell’intelligenza numerica è stato individuato come periodo critico proprio l’ultimo anno della scuola materna, l’età dei cinque anni.
In quest’ottica, l’anticipazione priva i bambini di tutto ciò, realizzando quello che tanti studiosi definiscono il processo di adultizzazione precoce dei bambini.
Quali sono i prerequisiti della lettura e della scrittura?
Secondo i più recenti contributi della ricerca scientifica in materia, sono stati identificati come “requisiti prossimi all’apprendimento della lettura e della scrittura”:
Per operare sul codice scritto sono potenzialmente importanti anche altre conoscenze e altre abilità, come ad esempio: l’acquisizione dell’ordine convenzionale sinistra – destra, la capacità di discriminare la forma delle parole, ma anche la maturazione delle abilità grafo-motorio-prassiche.
Non possiamo non evidenziare la necessità che all’ingresso della scuola primaria il bambino abbia adeguate competenze linguistiche orali, sia in produzione che in comprensione, vocabolario e grammatica inclusi.
I risultati di numerose autorevoli ricerche dimostrano oggi l’esistenza nella specie umana di una competenza numerica innata e indipendente, che fa parte quindi del patrimonio genetico ed è ereditata biologicamente, la cosiddetta “intelligenza numerica”. Con questo termine, che viene dal latino “intelligere”, ci si riferisce ad una funzione del nostro cervello che ci permette di intendereil mondo in termini di quantità.
Questo nucleo innato di capacità numeriche si evolve sin dai primi mesi di vita strutturandosi in processi: essi richiedono però un’adeguata e tempestiva stimolazione da parte dell’ambiente, altrimenti in parte tendono a decadere a favore di altre abilità maggiormente stimolate, ad esempio quelle verbali.
Vediamo allora in breve quali sono i processi che costituiscono i prerequisiti alla base delle abilità numeriche e di calcolo:
Oggi si parla sempre più della cosiddetta readiness, o “prontezza”, intesa come l’avere pronte, a disposizione, tutte le competenze preparatorie descritte per poter apprendere.
Per poter agire in sicurezza, come in alcuni paesi anglosassoni, sarebbe utile attivare degli interventi di screening all’ultimo anno della scuola dell’infanzia per fermare, se necessario, l’ingresso dei piccoli che non hanno ancora la readiness.
Le conseguenze di un’anticipazione scolastica non valutata accuratamente anche a livello emotivo, socio-relazionale e comportamentale potrebbero rivelarsi davvero negative per lo sviluppo armonico ed equilibrato del piccolo. In questa epoca in cui gli adulti sono abituati ad andare sempre di fretta, e tendono a sovrastimolare i propri figli pensando di garantire loro il futuro successo nella vita, sarebbe forse opportuno fermarsi a riflettere su come si possa dare la priorità al loro benessere, adottando un ritmo di vita più naturale e rilassato ed evitando di bruciare le tappe a tutti i costi.
PressRelease - Responsabilità editoriale di PRIMA PAGINA ITALIA
Ultima ora