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La realtà italiana della cirrosi epatica

PressRelease

La realtà italiana della cirrosi epatica

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Responsabilità editoriale di PANACEA Società Cooperativa Sociale

Una patologia che conta circa 20.000 decessi l’anno

05 febbraio 2021, 14:15

PANACEA Società Cooperativa Sociale

PressRelease - Responsabilità editoriale di PANACEA Società Cooperativa Sociale

Migliorarel’aderenza alla terapia, prevenire complicanze gravi come encefalopatia epatica e ascite, potenziare l’assistenza domiciliare, formare il paziente e il caregiver, rendere sostenibili le cure e aumentare la qualità e l’aspettativa di vita. Questi gli argomenti discussi, con i principali interlocutori della Toscana, durante il Webinar: "Focus Toscana: La realtà italiana della cirrosi epatica in epoca pandemica tra terapie e impatto socio economico, organizzato da Motore Sanità grazie alla sponsorizzazione non condizionante di Alfasigma S.p.A.

Particolare attenzione è stata data alla necessità di prevenire l’encefalopatia epaticadato che è la più invalidante complicanza della cirrosi, causa di ripetuti ricoveri, di problemi per tutto il contesto familiare del paziente e di un aggravio dei costi per il SSN.

“La cirrosi epatica rappresenta un'importante causa di morbilità e mortalità in Italia. Dati Istat del 2018 indicano che in Toscana per lo meno 1000 decessi sono attribuibili a malattie del fegato, considerando cirrosi, epatiti virali e tumori primitivi del fegato. Queste patologie sono strettamente associate alla cirrosi, che rappresenta un problema clinico spesso sottovalutato. Negli ultimi anni si è inoltre verificata una modificazione nelle cause che conducono a cirrosi. La disponibilità di farmaci efficaci per il trattamento dell'epatite B e C ha ridotto il numero di pazienti che sviluppano cirrosi in relazione a queste cause. Sono altresì in netto aumento i casi di cirrosi associati alla sindrome metabolica (obesità, dislipidemia, diabete, ipertensione). I disordini da uso di alcol rimangono di grande importanza come cause isolate o, spesso, in associazione ad altre eziologie. Il percorso del paziente cirrotico è caratterizzato da una fase di scarsa evidenza clinica, con paziente spesso asintomatico finché non sviluppa complicanze della malattia. La gestione della cirrosi si identifica pertanto con la presa in carico delle complicanze. L'Organismo Toscano di Governo Clinico ha recentemente approvato un protocollo di gestione della insufficienza epatica acuta-su-cronica, per stabilire i livelli di competenza necessari per la gestione ospedaliera di pazienti di gravità crescente. È necessario a questo punto focalizzarsi su altre complicanze della cirrosi di grande rilevanza per il paziente, in particolare l'emorragia da ipertensione portale, l'encefalopatia epatica e l'epatocarcinoma. Occorre infatti creare percorsi condivisi tra vari specialisti, particolarmente per quanto riguarda l'ipertensione portale, per la quale è stato redatto uno specifico PDTA per l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, e per l'epatocarcinoma, la cui gestione collegiale avviene a livello dei gruppi oncologici multidisciplinari. Un'attenzione particolare deve essere dedicata all'encefalopatia, per la quale gli episodi di peggioramento comportano spesso presentazione al pronto soccorso. In questo caso occorre stabilire percorsi più articolati che coinvolgano anche il medico di medicina generale, i caregiver ed il territorio”, ha dichiarato Fabio Marra, Direttore Medicina Interna ed Epatologia Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi Firenze

“La cirrosi scompensata è una malattia complessa, multiorgano, che necessita di una presa in carico globale. La prevalenza della cirrosi è dello 0,3%, con circa 200.000 casi in Italia e 10.000 decessi/anno, in aumento le epatopatie da alcol e da dismetabolismo (NASH). Limitare l’ospedalizzazione rappresenta la prima sfida clinica e diventa inderogabile ottimizzare i rapporti fra specialista e territorio. In questi anni i Centri Alcologici rappresentano sempre più modelli ideali di gestione condivisa del paziente cirrotico e della sua famiglia. Gli obiettivi e le finalità sono stati: l’ottimizzazione della rete intra ed extraospedaliera, la centralità dello stile di vita (alcol, tabacco, alimentazione, sedentarietà), lo sviluppo di percorsi personalizzati e dedicati con l’attivazione di interventi multiprofessionali e multidisciplinari. Oggi giorno sempre più dobbiamo implementare un approccio di tipo ecologico sistemico, orientato alla persona, alla famiglia e alla comunità. Un intervento che ha come finalità che il paziente e la sua famiglia diventino elementi attivi: ”empowerment” della persona, della famiglia e della comunità, e protagonisti del cambiamento e della scelta di stili di vita salutari e sostenibili”, ha spiegato Valentino Patussi, Centro Alcologico Regionale della Toscana Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi Firenze

“Un recente studio (Mennini et al, 2018), basato su dati Real-world italiani ha calcolato i costi sostenuti dal SSN per le ospedalizzazioni dovute a episodi di Encefalopatia Epatica conclamata (OHE). Lo studio riferisce che i pazienti con encefalopatia epatica sono caratterizzati da una storia clinica più severa di quella riportata in letteratura: l’incidenza di nuovi ricoveri dopo il primo risulta pari al 62%, più elevata di altri studi osservazionali italiani o di trial clinici. La probabilità di decesso al primo ricovero risulta pari al 32% (superiore rispetto studi osservazionali e RCT). Ancora, la probabilità di decesso, dei dimessi, per tutte le cause risulta pari al 29% nel primo anno e al 33% entro il secondo (anche qui più elevata rispetto a studi osservazionali e RCT) generando un impatto economico per il SSN pari a € 13.000 per paziente. Riportando il valore a livello Nazionale, si tratta di una spesa di € 200 milioni per la sola assistenza ospedaliera. Nel 2020 è stata effettuata un’analisi aggiuntiva (Mennini et al, EEHTA CEIS, 2020) con l’obiettivo di confrontare le Guide Lines sulla HE con i dati Real World dopo un primo ricovero per OHE. L’analisi dell’aderenza alla terapia evidenzia due aspetti fondamentali: i pazienti dimessi dopo un episodio di HE non assumono la terapia prescritta e solo i pazienti più gravi sembrerebbero essere più aderenti al trattamento. Emerge in maniera decisa l’indicazione di utilizzare trattamenti più appropriati dopo il primo ricovero per ridurre l’elevato rischio di ricadute e diminuire l’impatto dei costi”, ha affermato Francesco S. Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director-Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma“Tor Vergata” -  Presidente SIHTA

Ivan Gardini, Presidente EpaC Onlus ha detto, considerato l'incremento attuale dei contagi del virus SarsCov-2 siamo molto preoccupati per i pazienti con cirrosi epatica perché dovrebbero effettuare controlli e procedure sanitarie a cadenza periodica e molto spesso questi esami si svolgono in ambito ospedaliero. Sono oltre 100.000 i pazienti con cirrosi e malattia avanzata già curati dall'epatite C ma ancora a rischio di sviluppare un tumore del fegato, inoltre, ci sono almeno altri 100.000 casi correlati ad altre patologie come alcol, obesità, epatite B, ecc. La preoccupazione vale anche per anche per tutti i pazienti con malattia avanzata che devono iniziare una qualunque terapia, ad esempio per l’eradicazione del virus dell'epatite C. Un recente studio(Kondili LA, Marcellusi A, Ryder S, Craxì A. Will the COVID-19 pandemic affect HCV disease burden? Digestive and Liver Disease, 2020 52(9). https://doi.org/10.1016/j.dld.2020.05.040)ha stimato che ritardare l'inizio delle cure di 12 mesi, decuplica le complicanze e i decessi nei 5 anni successivi. È quindi indispensabile indicare quali sono le prestazioni differibili da quelle indifferibili in questi pazienti ad alto rischio di complicanze. Le cure e il monitoraggio dei malati cronici a rischio dovrebbero continuare attraverso approcci innovativi come il telemonitoraggio e la telemedicina oppure decentralizzando esami e prestazioni spostandoli dall'ospedale al territorio per evitare di esporre i pazienti fragili a rischi inutili. Sarebbe anche di grande aiuto semplificare gli atti burocratici come rinnovare automaticamente i piani terapeutici, consentire il ritiro dei farmaci ospedalieri presso la farmacia di fiducia o consegnarli direttamente a casa, incrementare le confezioni erogabili e tutte le altre modifiche di natura amministrativa che possono incidere positivamente sulla qualità di vita di pazienti cronici che devono restare sempre più protetti e monitorati come raccomandato da tutti gli esperti”.

 

Alfasigma

Alfasigma, tra i principali player dell’industria farmaceutica italiana, è un’azienda focalizzata su specialità da prescrizione medica, prodotti di automedicazione e prodotti nutraceutici. Nata nel 2015 dall’aggregazione dei gruppi Alfa Wassermann e Sigma-Tau – due tra le storiche realtà farmaceutiche italiane – oggi è presente con filiali e distributori in circa 90 paesi nel mondo. L’azienda impiega oltre 3000 dipendenti, di cui più della metà in Italia suddivisi in 5 sedi: a Bologna il centro direzionale e a Milano la sede della divisione internazionale, mentre a Pomezia (RM), Alanno (PE) e a Sermoneta (LT) sono localizzati i siti produttivi. Bologna e Pomezia ospitano anche laboratori di Ricerca e Sviluppo. In Italia Alfasigma è leader nel mercato dei prodotti da prescrizione dove è presente in molte aree terapeutiche primary care (cardio, orto-reuma, gastro, pneumo, vascolare, diabete) oltre a commercializzare prodotti di automedicazione di grande notorietà, come Biochetasi, Neo-Borocillina, Dicloreum e Yovis. Sito web www.alfasigma.it

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