Due anni di sputi e offese
all'indirizzo di una persona che gli stava antipatica: di questo
ha dovuto rispondere nelle aule di giustizia un 39enne residente
in Valsesia (Vercelli) che alla fine del processo è stato
condannato a sette mesi e quindici giorni di reclusione. Il
bersaglio delle intemperanze è stato il titolare di un locale
pubblico della stessa zona. Secondo le accusa, l'imputato dava
luogo alle sue manifestazioni di insofferenza quando passava
davanti all'esercizio commerciale. L'accusa ha conteggiato circa
venti episodi fra il 2017 e il 2019. In una occasione l'uomo
sputò sull'automobile, in un'altra avrebbe danneggiato la porta
vetri del negozio con il lancio di un bicchiere.
La Cassazione ha confermato la sentenza resa dalla Corte
d'appello di Torino il 16 febbraio del 2021. L'imputato è stato
riconosciuto responsabile di 'disturbo alle persone', 'minacce'
e 'danneggiamento aggravato'. La difesa ha aveva eccepito che
non c'erano gli estremi dei reati in questione perché "non
ricorrevano né la petulanza nè il biasimevole motivo" e - quanto
al danneggiamento - non esisteva l'aggravante 'dell'esposizione
alla 'fede pubblica'.
Lo scorso 15 dicembre, invece, su richiesta dell'avvocato
Roberto Saraniti la Cassazione ha annullato una seconda condanna
pronunciata a carico dell'uomo. In questo caso l'accusa si
riferiva a un litigio con un il conducente di un autobus (che
riportò sette giorni di prognosi). Il legale ha dimostrato che
la pena inflitta al valsesiano - un anno e nove mesi - era
eccessiva e sbagliata per ragioni di competenza funzionale: dato
il modo in cui la procura aveva costruito il capo d'accusa, il
processo doveva essere celebrato da un giudice di pace e non da
un tribunale.
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