I sindacati piemontesi chiedono
alla Regione di fare squadra sulle crisi e di "alzare la voce
con Roma".
"Abbiamo bisogno di strumenti specifici, altrimenti le crisi
non finiscono. Quelle di oggi sono la coda, il conto vero
arriverà n primavera. Siamo il Sud del Nord, servono strumenti
straordinari eccezionali, riconosciamo la malattia del Piemonte
e affrontiamola. Il Piemonte pesa poco o pesa in modo
insufficiente. Abbiamo bisogno di risposte nazionali, ma
arriveranno solo se il Piemonte si muove. O si fa sentire o non
credo che Roma si preoccuperà del Piemonte", ha affermato il
segretario generale della Cgil Piemonte, Giorgio Airaudo.
"Bisogna giocare una partita di squadra, dare l'immagine di un
territorio che è in crisi, in sofferenza e deve essere aiutato.
Serve una cabina di regia, un osservatorio, non basta affrontare
le singole crisi. Questo può dare un supporto anche ai tavoli
aperti a livello nazionale come l'Ilva e Stellantis. Il modello
deve essere quello della gestione del Covid e della sanità", ha
spiegato Luca Caretti, segretario regionale della Cisl.
"Dalla crisi del 2008, abbiamo perso 76mila posti di lavoro
in Piemonte e spicca in negativo il dato della disoccupazione
giovanile, salita al 20,6% (era al 15% nel 2008). Siamo in una
fase di profonde trasformazioni ecologiche, digitali e
anagrafiche, con tutte le conseguenze che ci saranno sulla
sostenibilità del nostro sistema di welfare. Abbiamo bisogno di
rendere più attrattivo il nostro territorio, di formare e
riqualificare le figure professionali. Serve quindi un
censimento aggiornato dei profili richiesti dalle aziende" ha
osservato Gianni Cortese, segretario generale della Uil
Piemonte.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA