(ANSA) - TORINO, 19 APR - Una "strategia estorsiva volta a
indurre i vertici della Juventus a modificare la propria
politica in materia di biglietti ai gruppi ultras". Di questo
sono stati riconosciuti colpevoli alcuni leader della tifoseria
organizzata bianconera condannati a Torino lo scorso 20 ottobre
al termine del processo Last Banner. E' quanto scrive il
tribunale nelle motivazioni della sentenza con cui per la prima
volta in Italia è stata riconosciuta l'associazione per
delinquere nel contesto delle tensioni negli stadi di calcio.
Gli episodi contestati risalgono alla stagione 2018-19.
Secondo i giudici lo strumento principale di pressione degli
ultrà era il cosiddetto "sciopero del tifo", assicurato
"imponendo ai tifosi ordinari, se del caso anche con la minaccia
e l'intimidazione, di non cantare o addirittura di non esultare
ai gol della squadra"; condotte che per il tribunale sono
riconducibili al reato di violenza privata.
Nelle conversazioni intercettate si fa riferimento alla
necessità di "fare guerriglia" per garantire la compattezza
della curva. Il tribunale si è anche soffermato sulle "condotte
estorsive" portate avanti ai danni dello Slo (supporter liason
officer) della società, Alberto Pairetto, e di altri dirigenti
bianconeri.
Era stata una denuncia della Juventus (che al processo si è
costituita parte civile) a far partire le indagini, svolte dalla
Digos della questura di Torino. La pena più alta (quattro anni e
sei mesi di reclusione) è stata poi inflitta a Dino Mocciola,
indicato come il leader dei Drughi. (ANSA).
Ultrà: Last Banner, contro la Juve una strategia estorsiva
Motivazioni sentenza, riconosciuta associazione per delinquere
