L'8 luglio del 2013, in un paese
del circondario di Torino, incendiò la casa del fratello, con
cui aveva avuto dei contrasti per un'eredità: sulla base di
questa accusa un cinquantenne originario di Chivasso (Torino) è
stato condannato a due anni e quattro mesi con una sentenza resa
definitiva dalla Cassazione.
Il rogo, come accertarono le indagini, si sviluppò in due
punti diversi della costruzione, con l'apertura di una valvola
del gas nella tavernetta: cosa che secondo i giudici "poteva
essere stata agevolata dalla conoscenza dei luoghi". Il fratello
- ricostruì la sentenza - aveva da poco "reso propria in via
esclusiva l'abitazione".
L'imputato, difeso dall'avvocato Renato Cravero, ha sempre
negato le accuse, ma fu notato nelle vicinanze subito dopo la
propagazione delle fiamme, e l'alibi che fornì fu insufficiente:
restò a casa di amici "ma fino a un orario compatibile con la
commissione del reato". Gli sono state concesse le attenuanti
generiche perché "portatore di disturbo di personalità
borderline". Al momento del fatto viveva in una roulotte.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA