Da qui al 2030 aumenterà sempre più
la domanda di professioni tecniche e ad alta qualifica, non
solamente legate all'informatica e alla tecnologia, ma anche
alla cura e ai servizi legati alle persone, incluso
l'orientamento, la formazione e l'inserimento socio-lavorativo
mentre calerà per i gruppi professionali a qualifica più bassa e
per le professioni qualificate e quelle imprenditoriali
collegate ai settori a bassa crescita. Nel complesso, però, la
domanda di lavoro in Italia rimarrà in crescita per il resto del
decennio e non ci sarà un effetto di sostituzione del lavoro
umano con l'intelligenza artificiale. E' quanto emerge dallo
studio predittivo di EY, ManpowerGroup e Sanoma Italia, sul
futuro delle competenze nell'era dell'Intelligenza Artificiale.
Lo studio stima che, in Italia, la domanda di lavoro aumenterà,
a causa dell'IA, in 9 settori di attività su 23. La crescita
della domanda legata all'IA riguarderà profili molto eterogenei:
ingegneri e fisici (+7%), ma anche analisti di mercato e
psicologi del lavoro e della formazione (+3%). Crescerà la
domanda di profili ad alto contenuto creativo (architetti,
progettisti, pianificatori), ma anche le professioni legate al
marketing e alle vendite (+5%) e a professioni manageriali, come
i direttori di amministrazione e finanze e gli specialisti di
organizzazione (+3%). "I risultati emersi dallo studio
confermano come, in generale, la domanda di lavoro si sposterà
sempre di più verso profili a qualifica alta e molto alta, in
molti casi con skillset ibridi tecnologici e di settore, ad
esempio nella ricerca e sviluppo, nel marketing, nell'ambito
della sostenibilità energetica" - dichiara Donato Ferri, EY
Europe West Consulting managing partner.
Il cambiamento potrà comportare un aumento del mismatch tra
domanda e offerta di lavoro. Già oggi la quota di assunzioni che
le imprese italiane giudicano difficili da realizzare ha
superato il 48% a settembre 2023 ed è in continua crescita
almeno dal 2019 mentre la percentuale di posti di lavoro
disponibili ma non occupati (job vacancy rate) è attorno al 2%,
con perdite stimate pari al 3% del valore aggiunto annuo di
industria e dei servizi.
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