(dell'inviato Fausto Gasparroni)
(ANSA) - AEREO PAPALE, 30 LUG - "Nessuno può dire che il
presidente Draghi non fosse un uomo di alta qualità
internazionale". Interpellato in volo dai giornalisti sulla
caduta del governo nazionale, papa Francesco ribadisce la sua
stima per l'ex premier. "E' stato presidente della Banca, una
buona carriera, diciamo così". Ma la sua premessa è, come altre
volte in passato, che "prima di tutto io non voglio immischiarmi
nella politica interna italiana".
Il suo commento, comunque, è più che eloquente riguardo
all'instabilità italiana: "ma poi, io ho fatto una domanda
soltanto a uno dei miei collaboratori. Dimmi: quanti governi ha
avuto l'Italia in questo secolo? Mi ha detto: venti. Questa è la
mia risposta". Anche l'appello fatto alle forze politiche verso
queste difficili elezioni è conciso ma chiaro: "responsabilità,
responsabilità civica".
Sull'aereo che lo riporta in Italia dal Canada, in circa 45
minuti di conversazione con i cronisti al seguito, il Pontefice
tocca però una serie di altri temi, in particolare quello delle
sue possibili dimissioni, che considera "una porta aperta". "Non
credo che io possa andare con lo stesso ritmo dei viaggi di
prima - riconosce -. Credo che alla mia età e con questa
limitazione devo risparmiare un po' per poter servire la Chiesa.
O al contrario pensare alla possibilità di farmi da parte. Non è
una catastrofe, no. Si può cambiare Papa. Si può cambiare, non
c'è problema".
"Se ho mai pensato a ritirarmi? La porta è aperta - prosegue
-. E' una delle opzioni normali. Ma fino ad oggi non ho bussato
a quella porta. Non ho sentito di pensare a questa possibilità.
Ma forse questo non vuol dire che dopodomani comincio a
pensarci. Ma in questo momento sinceramente no". "Anche questo
viaggio è stato un po' il test - osserva Francesco -. E' vero
che non si può fare viaggi in questo stato. Devo forse cambiare
un po' lo stile, diminuire, pagare i debiti dei viaggi che
ancora devo fare. Risistemare. Ma sarà il Signore a dirlo, la
porta è aperta, questo è vero". "Credo che devo limitarmi un po'
con questi sforzi - ribadisce il Pontefice -. L'intervento
chirurgico al ginocchio non va. Nel mio caso i tecnici dicono di
sì, ma c'è il problema dell'anestesia che ho subito 10 mesi fa,
sei ore di anestesia e ancora ci sono le tracce. Non si gioca,
non si scherza con l'anestesia, e per questo si pensa che non è
del tutto conveniente". "Ma io cercherò di continuare a fare dei
viaggi ed essere vicino alla gente, perché credo che è un modo
di servire - aggiunge -. La vicinanza. Ma più di questo non mi
viene di dire. Speriamo". "Sì potrei ritirarmi - dice ancora
Bergoglio rispondendo a un'altra domanda -. E' una vocazione:
che il Signore dica. Il gesuita cerca di fare la volontà del
Signore. Anche il Papa gesuita deve fare lo stesso. Quando il
Signore parla, se il Signore ti dice vai avanti, tu vai avanti,
se il Signore ti dice vai all'angolo, te ne vai all'angolo. Ma è
il Signore che comanda. Quindi quello che il Signore dica. Il
Signore può dire dimettiti. E' il Signore che comanda".
Non mancano altre considerazioni, ad esempio su come vede il
suo successore: "Questo è lavoro dello Spirito Santo. Io non
oserei mai pensare". O sul cammino sinodale tedesco: "ho già
detto tutto nella lettera di due anni fa, non dirò altro".
Ripete di voler andare in Ucraina, in Kazakhstan, in Sud Sudan,
poi anche in Congo ma nel 2023 perché ora ci sarà la stagione
delle piogge. Il Papa risponde pure sui possibili cambiamenti
nella dottrina sugli anticoncezionali: "Il dovere dei teologi è
la ricerca, la riflessione teologica - spiega -. Non si può fare
teologia con un 'no', poi sarà il magistero a dire no. Ma lo
sviluppo teologico dev'essere aperto, il magistero deve aiutare
a capire i limiti". "Sul problema degli anticoncezionali so che
è uscita una pubblicazione su questo tema e altri temi
matrimoniali. Questi sono gli atti di un congresso - ricorda -.
E dobbiamo essere chiari: questi che hanno fatto il congresso
hanno fatto il loro dovere perché hanno cercato di andare avanti
nella dottrina. Ma in senso ecclesiale. Poi il magistero dirà,
sì va bene, non va bene".
Infine, sul viaggio appena concluso in Canada, accetta di
usare la parola "genocidio" per le politiche di assimilazione
dei nativi ("togliere i bambini, cambiare la cultura, cambiare
la mente, cambiare le tradizioni, cambiare una razza, diciamo
così, tutta una cultura"), parola che non aveva usato nel Paese
"perché non mi è venuta in mente, ma ho descritto il genocidio".
E sulla "Dottrina della colonizzazione", che manifestanti
indigeni gli hanno chiesto di abrogare, risponde: "è vero, è
cattiva, è ingiusta. Anche oggi è usata, spesso, con guanti di
seta, ma è usata. C'è quella mentalità, noi siamo superiori,
quegli indigeni non contano, e questo è grave. Dobbiamo andare
indietro e sanificare, diciamo così, quello che è stato fatto
male. Con la consapevolezza che oggi esiste lo stesso
colonialismo". (ANSA).